BOLOGNA -  Con l’intervento del Tribunale di Bologna, che ha rinviato alla Corte di giustizia europea il caso di un cittadino bengalese che aveva chiesto la protezione internazionale, si riapre il caso, mai chiuso a dire il vero, della gestione dei migranti e di come gestire i rimpatri.

Il rinvio del Tribunale di Bologna si configura, sostanzialmente, come una richiesta di chiarimenti su due questioni: quale sia il parametro su cui individuare i cosiddetti “Paesi sicuri” e se il principio del primato europeo imponga di ritenere che, in caso di contrasto fra le normative, prevalga quella comunitaria su quella dei singoli Paesi.

Una richiesta, ha chiarito il presidente del Tribunale, Pasquale Liccardo, che ha soprattutto l’obiettivo di chiarire l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione Europea, alla luce del recente decreto sui ‘Paesi sicuri’.

Ed è proprio sulla definizione di “Paese sicuro” che si fonda il lungo quesito che il Tribunale bolognese ha inviato in Lussemburgo, entrando però anche nel merito e contestando il principio per cui potrebbe definirsi sicuro un Paese in cui la generalità, o maggioranza, della popolazione viva in condizioni di sicurezza, visto che il sistema di protezione internazionale si rivolge in particolare alle minoranze minacciate e perseguitate.

Portando anche il paradosso che la Germania nazista fosse stata estremamente sicura per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca, a eccezione di ebrei, omosessuali, oppositori politici e rom. Il Tribunale chiede se, in base a questa definizione, l’ordinamento europeo continui a essere prevalente sulla legge italiana.

“Se qualcuno, invece di essere in tribunale, si sente nella sede di Rifondazione comunista, si tolga la toga, si candidi alle elezioni e faccia politica”, ha commentato il vicepremier Matteo Salvini.

“Meloni e Piantedosi - è intervenuto Riccardo Magi di +Europa - stanno provando per l’ennesima volta a bypassare gli obblighi derivanti dal diritto europeo che loro stessi sanno essere insuperabili. Altro che vittime: sono loro che vanno deliberatamente allo scontro frontale con la magistratura”. 

Sulla stessa linea anche Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, che ha fatto notare che “quando non ci si vuole rendere conto della realtà, quando ogni occasione è buona per fare pessima propaganda, quando si decide di non rispettare le norme internazionali, è evidente che prima o poi ci si ritrova nei pasticci”.