BELGRADO - L’onda serba continua a travolgere le strade di Belgrado. Dal crollo della pensilina della stazione di Novi Sad, che lo scorso novembre ha causato la morte di 15 persone, le proteste guidate dagli studenti si sono allargate di giorno in giorno.
L’apice è stato raggiunto lo scorso sabato, con il più grande raduno nella storia della Serbia, con studenti e cittadini venuti da ogni parte del Paese per manifestare contro la corruzione della classe politica e per mettere sotto accusa il sistema di potere con al vertice il presidente Vucic.
“Le proteste di massa si verificano da mesi, ma questo evento ha simboleggiato il risveglio di un popolo, soprattutto quello giovanile. Grazie alle centinaia di migliaia di persone che sabato si sono riversate nelle strade e nelle piazze, tutto il mondo ha iniziato a parlare di una nuova primavera serba”, racconta Sucnica Zurkovic, 27 anni, laureata in architettura e fotografa freelance, da mesi presente a ogni manifestazione e attiva nel documentare con le sue foto le proteste lungo le strade di Belgrado.
“La prima grande protesta si è verificata a Novi Sad lo scorso 5 novembre”, ricorda Zurkovic, che fa parte del collettivo Blokadar, il cui nome nasce dalla combinazione delle parole blokada (blocco) e kadar (cornice) e simboleggia il ruolo dei fotografi nel catturare il movimento e contribuire alla sua visibilità. Il gruppo, nato inizialmente per fornire informazioni durante le prime proteste, oggi è diventato una pagina molto seguita su Instagram, dove svolge un ruolo cruciale nel documentare gli eventi e le proteste portate avanti in primo luogo da studenti.
“Documentiamo quotidianamente cosa accade, anche se – sottolinea l’attivista – è il movimento studentesco che ha il grande merito di essere stato la principale fonte di informazioni, tenendo costantemente il pubblico aggiornato sugli appuntamenti, sulle proteste e sugli sviluppi attraverso le loro pagine Instagram”.
La giovane racconta che non è stato un compito facile: “Vucic ha dalla sua canali mediatici accusati di essere filogovernativi e molto discussi come Pink, Informer e RTS”. Zurkovic, secondo la quale diversi media serbi non danno un’informazione completa, sottolinea il ruolo da “watchdog” che i social stanno giocando in questo momento. “Non tutto quello che è accaduto durante le manifestazioni viene mostrato dalle emittenti televisive serbe. Ci sono stati dimostranti pacifici investiti da veicoli e aggrediti fisicamente da membri del Partito Progressista Serbo, che da tempo tentano di interrompere e reprimere il movimento. Grazie alle nostre foto e ai nostri video abbiamo invece potuto testimoniare”.
Il riferimento è a quanto accaduto il 22 novembre, quando gli studenti sono stati aggrediti di fronte alla facoltà di Arti Drammatiche di Belgrado, mentre osservavano un minuto di silenzio per le vittime dell’incidente di Novi Sad. “Ma questo, invece che spaventarci, ci ha dato coraggio. I gruppi di protesta sono diventati via via sempre più grandi, dando il via a un’ondata nazionale di blocchi universitari, con tutti gli atenei statali che si sono uniti in solidarietà”, spiega.
Zurkovic aggiunge che alla base delle proteste, che ormai vanno avanti da oltre quattro mesi, c’è la piaga della corruzione nel Paese, che si riflette quotidianamente sulla vita delle persone, come dimostra quanto accaduto a Novi Sad. Il malcontento pubblico nei confronti del governo e del Partito Progressista Serbo è cresciuto anno dopo anno a causa di numerosi scandali e accuse di frodi.
Dal canto suo, il presidente serbo ha commentato le proteste sostenendo che dietro ci sono i servizi segreti occidentali.
“Gli studenti hanno preso le distanze da qualsiasi partito politico o gruppo di opposizione, e tutto ciò che hanno ottenuto finora è stato realizzato in modo indipendente”, ribadisce Zurkovic, specificando che in questi mesi il movimento è andato avanti solamente attraverso “donazioni che i cittadini hanno fornito sotto forma di cibo, materassi e coperte per sostenere gli studenti che vivono negli edifici universitari durante i blocchi. Eppure, il presidente continua a spingere la narrazione dell’interferenza straniera”.
Le proteste arrivano in un momento particolare dell’Europa, con la Ue a un bivio per quanto riguarda lo sviluppo di una forza di difesa comune. Ma la 27enne ribadisce che queste proteste “non sono collegate agli sviluppi geopolitici globali, nascono per ottenere quattro risultati ben precisi: dalla pubblicazione di tutta la documentazione relativa alla ricostruzione della stazione ferroviaria di Novi Sad, che rimane inaccessibile al pubblico, alla conferma ufficiale delle identità di tutti gli individui sospettati di aver aggredito fisicamente studenti e professori. Chiediamo anche l’archiviazione delle accuse penali contro studenti arrestati e detenuti, nonché la sospensione di tutti i procedimenti legali in corso contro di loro. E infine, un aumento del 20% dei finanziamenti stanziati per le università statali”.
Dopo la grande manifestazione di sabato, Vucic si è detto disponibile a una verifica di legittimità sia con referendum che con nuove elezioni, esprimendo la propria soddisfazione “per aver garantito le proteste ma anche stabilità e pace”.
Adesso gli occhi rimangono su Belgrado per vedere gli sviluppi di questa protesta che comunque passerà alla storia. I risvolti politici non sono ancora chiari e il Paese rimane nel caos. Non si possono dimenticare le immagini dei fumogeni e delle risse dentro il Parlamento serbo.
Di fronte a queste scene riecheggiano con più forza le parole di Zurkovic: “Non mi identifico come sostenitrice di alcun partito od organizzazione politica semplicemente perché non mi fido delle loro azioni passate e credo che anche l’opposizione spesso collabori con il governo al potere. In questo momento noi giovani siamo gli unici a rappresentare la speranza. Per la prima volta, abbiamo dimostrato come dovrebbe essere una vera società democratica”.