BRISBANE - Le recenti proteste nel Queensland, culminate nello sciopero di 50mila insegnanti – il primo in oltre 16 anni – hanno acceso i riflettori su un settore al collasso, dove la carenza di personale, la violenza in classe e il rapporto difficile con alcune famiglie spingono molti docenti a dimettersi.

Il nodo delle retribuzioni resta centrale: il Queensland Teachers Union (QTU) ha respinto l’offerta del governo Crisafulli di un aumento dell’8% distribuito in tre anni, giudicandolo ben al di sotto delle necessità. L’organizzazione sindacale punta a stipendi che riportino l’Australia ai vertici internazionali, insieme a misure concrete per garantire la sicurezza negli istituti e affrontare la crescente carenza di insegnanti. Ma, come sottolineato dalla presidente Cresta Richardson, “non si tratta solo di una questione di paga, ma di un problema che riguarda l’intera comunità”.

Gli insegnanti stessi hanno raccontato, spesso attraverso i social, la dura realtà delle aule. Una maestra della Gold Coast ha denunciato l’iniquità nei finanziamenti: alcune scuole dispongono di stanze insonorizzate per studenti con autismo, mentre altre faticano a garantire persino cuffie per ridurre i rumori esterni. Altri docenti hanno parlato di aggressioni quotidiane – calci, pugni e lancio di oggetti – e di genitori “deliranti” che minimizzano il comportamento violento dei figli, ostacolando qualsiasi provvedimento che riporti la disciplina.

Il sovraffollamento delle classi resta un altro fattore critico: un insegnante può trovarsi a gestire 28 alunni, spesso con bisogni educativi speciali, senza il sostegno necessario di assistenti o colleghi. In queste condizioni, dicono molti, diventa impossibile insegnare e garantire un ambiente di apprendimento sereno. Alcuni educatori hanno invocato la creazione di più scuole specializzate, invece di forzare tutti i ragazzi nel percorso dell’istruzione tradizionale, che penalizza sia gli studenti con disabilità sia quelli senza.

La pressione si riflette sui dati nazionali: secondo l’Australian Institute for Teaching and School Leadership, il 5% del corpo docente pensava già nel 2022 di lasciare l’insegnamento entro un anno, mentre oltre un terzo intende abbandonare prima della pensione. Dal 2019 la percentuale è in costante aumento, un campanello d’allarme che mostra come il problema non sia episodico, ma sistemico.

Il governo del Queensland, pur ribadendo la volontà di negoziare, difende la propria proposta, evidenziando nuovi investimenti in sicurezza, personale di sostegno e strutture scolastiche. Tuttavia, le voci dei docenti raccontano un malessere diffuso che non può essere ignorato. Finché violenza, classi eccessivamente numerose e carenze di risorse continueranno a gravare sul sistema, nessun aumento salariale potrà da solo fermare l’emorragia di insegnanti, con conseguenze potenzialmente devastanti per l’intera società australiana.