Vacanze estive agli sgoccioli in Italia: le campanelle torneranno a suonare il 14 settembre, con qualche variazione regionale e la possibilità di organizzare attività di recupero e potenziamento già dai primi di settembre. Da mesi si sta lavorando a livello ministeriale e locale alla riapertura delle scuole seguendo linee guida che vengono aggiornate di settimana in settimana in una corsa contro il tempo per arrivare in classe pronti. Diversi i nodi ancora da sciogliere: le date  di consegna dei nuovi banchi monoposto, l’obbligatorietà delle mascherine per gli studenti in aula, il protocollo da seguire in caso di contagi (un incontro decisivo si sta svolgendo mentre questo giornale va in stampa).

Alessia Bevilacqua, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi di Verona, ci ha illustrato alcuni punti chiave per il rientro. In primo luogo, la necessità che le scuole siano igienizzate e in sicurezza: per questo sono stati predisposti fondi per interventi di manutenzione e per l’acquisto di arredi alternativi rispetto a quelli tradizionali.

Uno dei maggiori problemi per garantire il distanziamento minimo di un metro tra studente e studente imposto dal Ministero è quello degli spazi, in molti casi, insufficienti. “In tal senso è molto importante segnalare l’apertura verso il territorio - sottolinea Bevilacqua -. Oltre alle aule scolastiche le scuole cercheranno di utilizzare, per quanto possibile, spazi come parchi, teatri, biblioteche e musei anche per incentivare, dal punto di vista di innovazione didattica, un maggior contatto con realtà culturali significative”. 

Ogni istituto ha una certa autonomia e sta valutando le opzioni attuabili in base al contesto territoriale, alla propria struttura e al numero di studenti. Si potranno adottare inoltre diverse misure per evitare gli assembramenti come orari differenziati, ingressi scaglionati e lezioni di durata diversa dai canonici sessanta minuti. 

Per quanto riguarda l’insegnamento, il rientro a scuola prevede lezioni in presenza, con la possibilità di integrarle con attività digitali ma solo per le scuole superiori mentre per gli altri livelli, la didattica online verrà presa in considerazione solo in caso di nuove chiusure. 
“Gli insegnanti sono stati invitati a tornare nel mondo scolastico a fine agosto per un momento di confronto e programmazione. Di fatto, è mio avviso - spiega la ricercatrice - che si farà tesoro di quanto avvenuto durante il lockdown. Si cercherà di tornare in presenza ma con una didattica flessibile e differenziata, non esclusivamente trasmissiva ma che valorizzi, per esempio, il lavoro in piccoli gruppi, l’attività collaborativa e laboratoriale”. 

Per Bevilacqua sarà fondamentale puntare l’attenzione sulla formazione degli insegnanti in merito a didattiche innovative e sull’assunzione di nuovi docenti. “Noi istituzioni universitarie ci stiamo interrogando su come supportarli in modo immediato ed efficace”, partendo dall’esame dei dati preliminari della ricerca ‘La didattica al tempo del Covid-19’. L’ateneo scaligero ha infatti raccolto le testimonianze di 955 docenti di ogni ordine e grado sulla loro esperienza tra marzo e giugno di una didattica che, più che a distanza, è stata di emergenza. 

Tra gli aspetti negativi segnalati sono emersi la mancanza di contatto interpersonale, soprattutto per i livelli scolastici inferiori; l’assenza in molti casi di una preparazione digitale adeguata; il carico di lavoro molto rilevante e la mancanza del diritto alla disconnessione; la difficoltà di valutare l’apprendimento degli studenti in modalità e-learning. 

Durante l’emergenza gli insegnanti sono stati in grado di reinventarsi, trovando nuove strategie pedagogico-didattiche e oggi tornano in classe con un bagaglio arricchito. “Sarà interessante capire come tutti questi cambiamenti, prima fatti in fretta, ora con un momento di maggior progettazione, siano forieri di future innovazioni”, continua Bevilacqua.

Un altro elemento importante rilevato è che la politica è stata percepita “distante dalla realtà”. “La scuola ha subìto delle decisioni calate dall’alto e questo ha reso evidente come ci sia una scarsa conoscenza del contesto scolastico da chi ha ruoli di responsabilità. Se da un lato si è dovuta lasciare molta autonomia, per la diversità dei singoli contesti, dall’altra parte si è percepito un forte senso di precarietà su cosa attuare durante l’emergenza e anche ora per il rientro”. 

L’imminente avvio dell’anno scolastico si contraddistingue per la marcata incertezza, riscontrabile anche nelle parole delle insegnanti intervistate in questa pagina, ma per tutti quanti, la priorità al momento è pensare a una scuola che ricominci e in presenza, soprattutto per dare priorità ai bambini e alle bambine e ritornare a una possibile normalità. 

Le esperienze dirette delle insegnanti

Veronica Lorenzetti, insegnante di tecnologia presso la scuola secondaria di primo grado Renato Fucini a Pisa 

“La Didattica a distanza (Dad) è stata dura per i bambini, soprattutto i più piccoli ai quali è mancato molto il contatto (ho tre figli di 5, 7 e 12 anni). Credere che un bambino che abbia dai 4 ai 9-10 anni sia in grado di utilizzare un mezzo digitale in maniera strutturata per l’apprendimento è impensabile. Questo ha portato a disaffezione nei confronti della scuola e noia.

La chiusura delle scuole ha privato i bambini non solo, in parte, del loro diritto allo studio, ma ha amplificato la differenza tra i diversi stati sociali. 

E mi è dispiaciuto per i miei alunni di terza media che hanno concluso un ciclo scolastico senza neanche un momento simbolico.

Per la riapertura c’è molta incertezza (che cresce in maniera direttamente proporzionale al numero di contagi) per indicazioni ministeriali che cambiano col passare delle settimane e dei giorni e la mancanza di spazio ed elasticità per molte delle nostre strutture vetuste. Con in più l’incognita dei trasporti per raggiungerle.

C’è il timore che le scuole aprano per poi richiudere con l’innalzarsi del numero dei contagi”.

Carla Fraccalanza, maestra di scuola primaria e responsabile del plesso Andrea Palladio di Torreselle e Levada (provincia di Padova)

“Penso che su dieci insegnanti solo mezzo vorrebbe ripetere l’esperienza della Didattica a distanza ma siamo rassegnati che capiterà ancora. Sento che sarà un anno tribolato e combattuto. 

Più del virus mi preoccupa un possibile ritorno alla Dad, non tutte le famiglie potranno seguire i bambini che si portano sulle spalle già 4 mesi di una didattica fatta all’ultimo minuto. Io dico che questa sarà una generazione zoppa a livello scolastico. 

La nostra scuola inizierà il 7 settembre, la prima settimana sarà dedicata all’apprendimento delle nuove regole (per andare in classe, in palestra, stare a ricreazione, lasciare il grembiule a scuola, lavare le mani) e a fare il punto della situazione: dobbiamo integrare ciò che gli alunni hanno perso con il nuovo programma senza perdere tempo e con la spada di Damocle sulla testa che dall’oggi al domani chiudano un’altra volta. 

Iniziamo con tante incertezze, con paure e perplessità di tutti i generi ma dobbiamo provarci. Metteremo a frutto quanto imparato: la sintesi, farsi aiutare da video tutorial, cercare di sfrondare il programma”.