CANBERRA – Le spese per la Difesa, con i tempi che corrono, dovevano per forza diventare un tema elettorale e l’annuncio di mercoledì scorso del leader dell’opposizione Peter Dutton sul programma della Coalizione di potenziare gli investimenti del settore ha aperto un nuovo fronte di scontro.

Ventuno miliardi in più nell’arco di cinque anni per poi arrivare praticamente ai livelli ‘suggeriti’ dall’amministrazione americana di Donald Trump al tre percento del Pil nel giro di 10 anni. Pur con l’asterisco del “prima dobbiamo vedere lo stato di salute del registro di cassa, ovviamente” e tutto rimane sempre legato a una ripresa economica che permetta di fare quello che bisogna fare nell’interesse a medio e lungo termine della nazione. 

Il piano laburista nell’ambito della Difesa, presentato anticipatamente, è meno appariscente e, secondo quanto ha dichiarato il presidente federale del partito, l’ex ministro del Tesoro Wayne Swan è più che sufficiente a soddisfare le esigenze del Paese. Il presidente di CBus ha affermato che l’aumento di spesa proposto dalla Coalizione (dall’attuale 2 al 2,5% nel ciclo quadriennale di bilancio) “non è necessario”.

Un intervento che ha fatto immediatamente dire a Dutton che il pensiero di Swan riflette esattamente quello che avviene dietro le quinte in casa laburista: “Non sostengono il nostro bilancio per la Difesa, non sostengono gli uomini e le donne in uniforme, visto che stanno tagliando 80 miliardi di dollari ad un settore chiave per la sicurezza nazionale”. 

Un affondo condiviso da molti osservatori in un campo che, a causa delle sempre maggiori tensioni internazionali, è diventato di primissimo piano non solo in Australia. Per alcuni esperti in materia il governo Albanese si è rifiutato di aumentare in modo significativo la spesa per la difesa, ha ignorato i consigli di tutte le persone che ha nominato per analizzare la situazione, ha smantellato capacità chiave per finanziare i sottomarini AUKUS (un progetto lontano nel tempo)  e ha rifiutato di attuare riforme serie nell’intero processo della Difesa.

Ma in tempi elettorali ogni promessa è abbastanza  modificabile e così, dopo le dichiarazioni di Swan e gli attacchi di Dutton, il primo ministro in un’intervista al quotidiano nazionale ‘The Australian’, ha aggiustato il tiro: “Le spese per la Difesa, alla fine, potrebbero anche aumentare oltre ai valori al momento programmati, se si ritenesse necessario farlo nell’interesse della nazione”.

Albanese ha assicurato che con le circostanze internazionali che cambiano continuamente e con le minacce costanti che ci sono, un suo governo-bis è pronto a rivedere gli investimenti nel campo della Difesa, ma senza fissare numeri fin da adesso e, soprattutto, senza farsi dettare cosa fare e cosa non fare da nessuno. Con Trump, quindi, sicuramente dialogo continuo, e alleanza con gli Usa fuori discussione, ma nessuna linea-guida da seguire per ciò che riguarda gli impegni in campo militare.

Dutton e il suo portavoce per la Difesa, Andrew Hastie, mercoledì scorso hanno annunciato il programma della Coalizione che non ha convinto più di tanto un po’ perché vincolato dalle esigenze di gestione e da livelli di crescita impossibili da garantire, un po’ perché sfocia in un secondo mandato, quindi niente di immediato, nessuna scossa e nessun particolare miglioramento da subito. 

Poca credibilità di veri intenti, secondo molti, anche per l’opportunità mancata di focalizzare l’attenzione del pubblico sul tema, Dato che Dutton, durante la conferenza stampa per l’annuncio del programma,  ha più volte dirottato su quelli che sembrano essere i suoi punti-chiave della sua campagna: tariffe sanitarie agevolate, detrazioni fiscali sui mutui, accise sulla benzina. 

Massima prudenza anche sui toni e le ragioni della necessità di ampliare le capacità militari del Paese con la Cina menzionata solo perché inevitabile non farlo, probabilmente anche per ‘prudenza’ strettamente elettorale. 
In una campagna che volge velocemente al termine, la Coalizione continua a inseguire e, soprattutto, a dare l’impressione di non avere una linea chiara da seguire. 

Critiche anche per il ruolo non ruolo dei ministri ombra più ‘importanti’ per offrire un’alternativa di governo: il ministro ombra della Difesa è apparso, sul palcoscenico nazionale solo in occasione dell’annuncio di mercoledì, mentre continua a essere notata l’assenza totale o quasi del portavoce ombra degli Affari esteri  David Coleman, che ha rilevato il ruolo di Simon Birmingham.