GAZA - Progressi sono stati fatti nei colloqui a Doha, per raggiungere un accordo tra Israele e Hamas per un cessate il fuoco a Gaza e la liberazione di ostaggi.

Una bozza definitiva è stata concordata dai mediatori e inoltrata: secondo fonti riprese dalla stampa israeliana, è attesa una risposta del gruppo palestinese nel giro di 24 ore, forse già entro la mezzanotte di oggi.  

La risposta potrebbe arrivare dal nuovo capo dell’ala militare di Hamas nella Striscia, Mohammed Sinwar, il fratello minore di Yahya Sinwar, ucciso lo scorso ottobre e mente dell’attacco del 7 ottobre. 

Le speranze sono alte quanto le cautele che gli attori in campo continuano a ripetere. Tante volte è sembrato che il negoziato entrasse nelle fasi finali, per finire poi in un nulla di fatto, con accuse incrociate di sabotaggio. 

Lo sforzo diplomatico ha ripreso slancio negli ultimi giorni e, nella capitale del Qatar, lo scorso sabato, sono arrivati i capi di Mossad e Shin Bet, David Barnea e Ronen Bar. È una partita che coinvolge l’amministrazione Usa di Joe Biden, ma anche la nuova squadra di Donald Trump, pronto a insediarsi lunedì prossimo e che ha già promesso l’inferno ad Hamas, se non acconsentirà a un’intesa entro il 20 gennaio.  

Venerdì scorso, in Qatar è arrivato anche Steve Witkoff, inviato per il Medio Oriente scelto dal presidente eletto Usa, che ha incontrato il premier Mohammed bin Abdul Rahman al-Thani ed è stato informato sullo stato dei negoziati su Gaza. Da Washington, il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, ha ribadito che “c’è una concreta possibilità che si possa concludere un accordo questa settimana, prima che il presidente Biden lasci l’incarico”. Ma “ci siamo andati vicini prima e non siamo riusciti a tagliare il traguardo, quindi non posso fare previsioni”, ha aggiunto 

Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar, negli incontri degli ultimi giorni con gli omologhi di Regno Unito e Danimarca, ha ripetuto come un mantra che lo Stato ebraico sta lavorando duramente per raggiungere un accordo. “Presto sapremo se l’altra parte vuole la stessa cosa”, ha aggiunto.

In serata, Saar partirà alla volta dell’Italia, dove domani incontrerà il ministro degli Esteri Antonio Tajani, prima di volare in Ungheria.  

Funzionari di Hamas hanno confermato che progressi sono stati fatti su alcune questioni fondamentali e si sta lavorando per “concludere presto ciò che resta”. Un’intesa con Israele è “molto vicina”, ma restano diversi punti critici, in particolare sulla richiesta del gruppo che Israele si ritiri dal corridoio Philadelphia al confine tra Gaza ed Egitto e si impegni per un cessate il fuoco permanente. Inoltre, c’è disaccordo sulle dimensioni della zona cuscinetto, che correrà lungo il confine di Gaza con Israele. 

Rivolgendosi in un messaggio pubblico ai prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, Hamas ha annunciato una “imminente liberazione”. Secondo al-Arabiya e al-Hadath, il gruppo poco fa ha risposto senza fare ulteriori commenti, il che verrebbe interpretato come un via libera all’accordo.  

Sul versante israeliano, c’è alta tensione all’interno del governo israeliano, dove siede l’estrema destra, duramente contraria a una qualsiasi intesa. Il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha già annunciato che il suo partito, Sionismo Religioso, non sosterrà un accordo, che lui vede come una “catastrofe per la sicurezza” d’Israele. “Questo è il momento di continuare con tutte le nostre forze, di occupare e ripulire l’intera Striscia, di prendere finalmente il controllo degli aiuti umanitari da Hamas e di aprire le porte dell’inferno su Gaza, finché Hamas non si arrenderà completamente e tutti gli ostaggi non saranno restituiti”, ha affermato. 

Ieri il primo ministro Benjamin Netanyahu ha convocato sia lui che l’altro leader di estrema destra Itamar Ben-Gvir: in ballo c’è la sopravvivenza dell’esecutivo, che rischia di cadere in caso di una loro uscita. A questo proposito, il leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid ha ribadito al capo di governo l’offerta, “oggi valida più che mai”, di “una rete di sicurezza politica in merito all’accordo sugli ostaggi” che lo metta al riparo dalle minacce degli alleati di estrema destra.  

Gli alleati ultraortodossi sefarditi di Shas hanno già fatto sapere a Netanyahu che appoggeranno un’intesa, così come la fazione Agudath Israel di United Torah Judaism, secondo la quale “riportare a casa i rapiti” è un “dovere morale e nazionale” che “trascende ogni controversia politica. Dobbiamo agire immediatamente”.