TEL AVIV - Per la sesta volta Benjiamin Netanyahu viene incaricato di formare un nuovo governo.
Il presidente dello Stato di Israele Reuven Rivlin ha deciso di affidare al premier uscente questo delicato incarico dopo che i colloqui, finalizzati alla formazione di un governo di unità, tra Netanyahu, Benny Gantz  e i rispettivi negoziatori, sono naufragati. 
Il premier uscente, il più longevo nella storia del Paese, attualmente al suo quinto mandato consecutivo, avrà quattro settimane per riuscire nell’intento: “Netanyahu aveva le migliori opportunità di formare un governo e - ha aggiunto il presidente Rivlin - il Likud , così come l’avversario Blu e Bianco, ha promesso pubblicamente di restituire l’incarico alla presidenza se dovesse fallire nella formazione del governo”.
Nell’accettare il mandato, Netanyahu ha ammesso di non essere certo del risultato ma ha comunque raccolto l’importante sfida non senza fare nuovamente riferimento a quella che sembra l’unica soluzione percorribile, visti i risultati delle urne: formare un governo di unità nazionale con il partito di Benny Gantz.
Il primo ministro in carica ha poi confermato quanto anticipato dal presidente Rivlin: “Restituirò il mio mandato nelle mani del presidente, qualora dovessi fallire nella formazione di un nuovo governo di coalizione”.
La scelta è caduta sul primo ministro in carica. Nel corso delle consultazioni della scorsa settimana,  il presidente ha constatato che Netanyahu ha ricevuto l’appoggio di partiti minori che gli consentirebbe di avere a suo favore 55 membri del Parlamento, contro i 54 parlamentari della Knesset che appoggerebbero invece Gantz.
Quindi, ha concluso il presidente Rivlin, le possibilità di Netanyahu di raggiungere una maggioranza nella Knesset potrebbero essere più concrete rispetto a quelle di Gantz, anche se dalle urne è uscito vincente proprio il partito di Gantz con 33 seggi contro i 32 del Likud.
Nel corso dei colloqui della scorsa settimana Rivlin ha provato diverse strategie per sbloccare la trattativa tra i due partiti che, tuttavia, non hanno manifestato alcuna intenzione di cedere rispetto alle proprie posizioni, neanche l’ipotesi di un governo ‘paritetico’ nel quale nessuno dei due partiti avrebbe avuto più peso rispetto all’altro è stata sufficiente per convincere i negoziatori delle due formazioni.
La proposta di Rivlin avrebbe garantito, in una rotazione della premiership tra i due, anche maggior potere alla figura del “primo ministro ad interim”, quasi per anticipare quanto potrebbe accadere nei prossimi giorni quando Netanyahu dovrà affrontare il tribunale per un’udienza preliminare sui tre casi che lo vedono sospettato per frode e corruzione. Una “caccia alle streghe”, dice Netanyahu. La possibilità di un processo accentua ulteriormente l’incertezza dei prossimi mesi, motivo per cui l’iniziativa proposta dal presidente sembrerebbe disegnata proprio per permettere a Benny Gantz, in qualità di “primo ministro ad interim”, di subentrare a Netanyahu qualora i guai giudiziari dovessero essere molto complicati per l’attuale primo ministro.
Gantz, comunque, è stato molto netto nel rifiutarsi di sedersi in coalizione con Netanyahu, facendo in questo cadere l’intero impianto prospettato da Rivlin.
Qualora Netanyahu non dovesse riuscire a formare il governo, secondo alcuni osservatori il presidente Rivlin potrebbe decidere di non dare un ulteriore mandato al leader del Likud né, tantomeno, affidarlo a Benny Gantz, ritenuto poco capace di ottenere un accordo di coalizione. In tal caso il Parlamento avrà tre settimane per cercare una maggioranza, pari a 61 parlamentari, che possa garantire la fiducia a un candidato premier alternativo. Qualora il nome dovesse essere trovato, diventerebbe premier incaricato e avrebbe ulteriori due settimane per presentare il nuovo governo. Se anche questo tentativo dovesse non giungere a buon fine, la Knesset verrà sciolta e si tornerà, per l’ennesima volta, alle elezioni.