BUENOS AIRES – Un evento per inaugurare la Settimana della cucina italiana nel mondo (dal 13 al 19 novembre), giunta all’ottava edizione.
A organizzarlo è stata la sede dell’Università di Bologna a Buenos Aires, con relatori in Italia e, dal vivo, in Argentina.
Per parlare a tutto tondo della nostra tradizione culinaria – storia, economia, marketing – erano presenti il console generale Carmelo Barbera, Alberto Lisdero (delegato dell’Accademia della cucina italiana in Argentina), Alessandro Piovesana (direttore del master internazionali in Tecnologia degli alimenti dell’Università di Buenos Aires in collaborazione con l’Università di Parma) e Anna Lanzani (esperta di marketing e docente del master in Management Europa Latin America dell’Università di Bologna).
In maniera virtuale, sono poi intervenuti Rafael Lozano (presidente in Argentina della Fondazione Alma Mater Studiorum Università di Bologna) e Massimo Montanari, storico e gastronomo, professore emerito dell’Università di Bologna, autore di libri sulla storia del Medioevo, del cibo e della cucina.
Un parterre eterogeneo e composito che ci fa capire come la cucina sia un fenomeno culturale studiabile da diversi punti di vista e discipline che si arricchiscono a vicenda.
Alessandro Piovesana ha sottolineato l’importanza, per la circolazione nel mondo dei nostri prodotti, di processi e macchine che consentono di ottenere alimenti di qualità su scala industriale.
Anna Lanzani ha spiegato il concetto di “marchio Paese”, ossia i diversi valori che vengono attribuiti all’Italia ogni volta che in un ristorante viene servito un piatto di pasta (o altro piatto tipico) di buona o cattiva qualità.
Ha poi rassicurato in presenti: “Il marchio Italia gode di ottima salute!”.
La locandina dell'evento sulla pagina Instagram dell'ambasciata.
Massimo Montanari ha iniziato il suo intervento con una domanda tutt’altro che retorica.
Parafrasando il famoso quesito rispetto all’uomo e alla gallina, si è chiesto se sia nata prima l’Italia o la cucina italiana.
E la risposta è che la cucina è nata prima della formazione statale, per la quale bisognerà aspettare il 1861, anno dell’Unità.
“Alcuni ricettari del ‘300 della corte di Napoli o di ambienti altoborghesi di Siena – dice Montanari – menzionano prodotti non solo locali, ma che arrivavano da altri luoghi della penisola e si potevano acquistare e ricevere”. Per esempio il parmigiano, formaggio che prende il nome dalla città di produzione, era già usato ovunque.
“Nel 1549 Ortensio Lando pubblica il suo Commentario delle più notabili e mostruose cose d’Italia – continua Montanari –. Si tratta di un resoconto di un suo viaggio, dal Sud al Nord della penisola, dove cita i piatti tipici dei diversi luoghi visitati”.
Non proprio una guida Michelin, però è il primo a intuire che la conoscenza di un paese e della sua cultura passa anche per la cucina.
“Quando nel 1891 Pellegrino Artusi pubblica La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene – spiega lo storico – non aveva intenzione di codificare, stabilire un canone, ma piuttosto costruire un senso comune della cultura alimentare italiana, fatta di poche regole e molte libertà”.
Artusi aveva un enorme rispetto per la diversità, per le ricette di famiglia, gli ingredienti segreti, i saperi contadini.
“E forse – conclude Montanari – è questa l’essenza della cucina italiana: la condivisione della diversità”.
Il programma degli eventi legati della Settimana della cucina italiana nel mondo continua fino all’8 dicembre, in molte città argentine.