BRUXELLES - L’emiciclo già allestito per le Europee, la polizia al sesto piano per un altro blitz. A dieci giorni dal voto, il Moscagate si fa largo tra i corridoi semideserti dell’Europarlamento. E, dopo l’ultranazionalista di Alternative fuer Deutschland Maximilian Krah, gli investigatori mettono nel mirino un suo ex braccio destro, il francese Guillaume Pradoura, oggi alle dipendenze del populista filorusso olandese Marcel de Graaff.
Le accuse sono le stesse formulate nei mesi scorsi dagli 007 cechi in collaborazione con le intelligence di mezza Europa: ingerenza e corruzione a favore del Cremlino. Gli indizi hanno portato la polizia belga - ora incaricata di gestire il caso - a ritenere che Pradoura abbia svolto “un ruolo importante” nella rete di propaganda anti-Ue e anti-Kiev che la Russia avrebbe portato avanti tramite il sito Voice of Europe, ora bannato in tutto il continente. Addebiti respinti dal suo capo de Graaff, ma che rischiano di assestare un colpo all’immagine dei sovranisti europei - vivi più che mai anche in Belgio con il Vlaams Belang - già in grande subbuglio in ottica alleanze dopo lo strappo consumatosi tra Marine Le Pen e AfD.
Ricevuto l’ordine del giudice istruttore, la polizia belga in mattinata ha fatto irruzione negli uffici di Pradoura a Bruxelles e nella sua abitazione nel quartiere di Schaerbeek. Negli stessi minuti, gli agenti francesi - in coordinamento con Eurojust - perquisivano anche i locali a lui collegati nel quartier generale dell’Eurocamera a Strasburgo. Fonti ceche già a marzo lo avevano accostato a Voice of Europe, ma l’assistente - già al fianco di Krah e ancor prima, nel 2019, espulso dallo staff del Rassemblement National di Marine Le Pen dopo la pubblicazione di una foto dai contenuti antisemiti in cui appariva travestito da ebreo ortodosso - aveva respinto ogni accusa, denunciando a sua volta una caccia alle streghe di ispirazione maccartista contro l’intera galassia dell’estrema destra.
Appresa la notizia, anche de Graaff - delegato del Forum per la democrazia olandese del rampante populista Thierry Baudet e in passato tra le fila dell’ultradestra di Geert Wilders - ne ha preso le difese: “Ho parlato con il mio assistente e sembrava non esserne consapevole. Le autorità non hanno contattato né me, né lui”, ha replicato su X, sostenendo di non essere coinvolto in “alcun tipo di cosiddetta operazione di disinformazione russa”. Finora gli unici politici finiti sull’elenco degli indagati sono stati l’europarlamentare Krah - dimessosi nei giorni scorsi dai vertici del partito dopo aver affermato, in un’intervista a Repubblica, che le SS “non erano tutti criminali” - e, nel ramo d’inchiesta aperto in Germania, il collega di partito al Budestag Petr Bystron. E le ragioni del blitz, nell’ottica di de Graaf, sarebbero da ricercare proprio nella volontà di colpire l’estrema destra tedesca a pochi giorni dal voto. “Per quanto ne so - ha attaccato -, questa azione delle autorità sembra essere rivolta principalmente all’AfD per paura di un buon risultato elettorale”.
I governi della Repubblica Ceca e del Belgio - con il premier liberale belga Alexander de Croo impegnato in una dura campagna elettorale contro il Vlaams Belang - sono invece convinti che Voice of Europe non solo abbia fatto propaganda nell’interesse di Vladimir Putin, ma abbia anche dato sostegno finanziario ai candidati filorussi per le Europee. In ballo, riportavano nelle settimane scorse i media cechi, ci sarebbe stata una somma complessiva fino a un milione di euro. Nell’attesa di un’evoluzione delle indagini, la linea rossa nei confronti di AfD e Le Pen tracciata dal Partito popolare europeo (Ppe) - e dalla sua Spitzenkandidatin Ursula von der Leyen - per la maggioranza Ue del futuro è netta: per i candidati pro-Putin e pro-Kiev non ci sarà spazio.