BRUXELLES - Dopo otto giorni di trattative serrate, si sarebbe trovato l’accordo sui top jobs, le cariche più importanti della Commissione europea, anche se la conferma arriverà soltanto tra oggi e domani, durante il vertice europeo. 

L’intesa di principio avrebbe unito la visione di Emmanuel Macron, che aveva fretta di chiudere l’accordo prima delle elezioni francesi previste per il fine settimana, a quella del cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e degli altri negoziatori dell’asse europeista, formato da popolari, socialisti e liberali, che hanno indicato il nome di Ursula von der Leyen a guida della Commissione europea. 

I negoziatori al fianco di Macron e Scholz, sei in tutto, tra cui anche Pedro Sánchez, Kyriakos Mitsotakis, Donald Tusk e Mark Rutte, si sarebbero ritrovati per un giro di consultazioni ristretto, con lo stesso pacchetto di candidati sul tavolo.

Nessuna sorpresa dell’ultimo minuto, almeno fino a qui, ma tanto lavoro per mettere a punto un patto che ricalchi la ‘maggioranza Ursula’, protagonista dell’ultima legislatura, con il fine ultimo dichiarato di garantire stabilità politica e arginare l’avanzata dei sovranisti, come hanno evidenziato alcune fonti diplomatiche europee.

Accanto a quello di Ursula von der Leyen, gli unici nomi emersi sono stati quelli, già noti e largamente anticipati, di António Costa, ex premier portoghese per la presidenza del Consiglio Ue e della premier estone, Kaja Kallas, come Alto rappresentante, oltre alla riconferma di Roberta Metsola alla presidenza del Parlamento europeo.

Sebbene sia andato tutto come ci si aspettava, si dovrà attendere il via libera finale alla bozza di accordo da parte dei Ventisette, che dovranno misurarsi anche con il fermento delle destre, aizzate dal leader ungherese, Viktor Orbán, che ha espresso il suo disappunto rispetto a un’intesa che, dal suo punto di vista, contraddice i valori fondanti dell’Unione Europea. 

“L’accordo che il Partito popolare europeo ha stretto con la sinistra e i liberali va contro tutto ciò su cui si fonda l’Ue. Invece dell’inclusione, si semina la divisione. Gli alti funzionari dell’Ue dovrebbero rappresentare tutti gli Stati membri, non solo la sinistra e i liberali”, ha dichiarato Orbán.

I socialisti europei, attraverso la loro capogruppo, Iratxe García Pérez, fresca di rielezione, hanno già fatto sapere che l’intesa, seppur negoziata da Scholz, “non è un assegno in bianco” e che il loro sostegno dipenderà dal programma che la tedesca saprà redigere. Una linea condivisa anche dalla macroniana Valérie Hayer, capogruppo dei liberali, per la quale la coalizione di maggioranza al Parlamento europeo è “europeista”. “Non c’è spazio per i conservatori, [che] – ha proseguito Hayer – [rappresentano] l’estrema destra con il partito di Giorgia Meloni, il PiS polacco e Reconquête in Francia”. 

E gli occhi sono puntati proprio alla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni che, non avendo preso parte alla trattativa, sarebbe piuttosto irritata dall’evolversi della situazione. Durante la giornata di ieri Meloni si è presentata per le comunicazioni di rito alla Camera, prima, e poi al Senato.

“Quello delle nomine non è l’unico tema rilevante dell’agenda del Consiglio europeo: per noi è molto importante che dal Vertice esca un messaggio chiaro su temi per noi cruciali come la competitività dell’economia europea, la difesa, la migrazione e l’Agenda strategica”, ha fatto notare Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei, il Sud, per le Politiche di coesione e il Pnrr.

Un intervento, quello di Fitto, che non sembra del tutto casuale, essendo il candidato che più probabilmente lascerà Roma alla volta di Bruxelles per ricoprire quell’incarico importante che Meloni ha chiesto a von der Leyen.

Proprio di questo ci si aspetta discutano Meloni e l’ex ministro tedesco durante l’annunciata negoziazione privata delle prossime ore, da cui l’Italia potrebbe uscire con un “portafoglio di peso” per la prossima Commissione europea, probabilmente una vicepresidenza esecutiva. 

In cambio, Meloni potrebbe garantire a von der Leyen un appoggio che le garantirebbe la maggioranza qualificata, per raggiungere la quale serve il sostegno di almeno 15 Paesi - che rappresentano il 65% della popolazione Ue -, e sul quale nessun leader avrà il potere di veto. 

Se le nomine verranno ratificate, il voto di conferma potrà essere calendarizzato già tra il 16 e il 19 luglio, quando si riunirà l’Assemblea plenaria dell’Eurocamera, in occasione dell’apertura dei lavori dopo la pausa estiva.