ROMA - Se l’intento di Matteo Salvini era quello di opporre una difesa valida alla richiesta di indagine nei suoi confronti, spiccata dal Tribunale dei ministri di Catania in merito al fermo da lui imposto lo scorso luglio alla nave della Marina militare italiana Gregoretti, l’obiettivo appare mancato completamente.
Tanto che l’ex magistrato Piero Grasso, leader di Liberi e Uguali, è quasi stupito del modo in cui il capo della Lega abbia voluto incardinare la propria linea difensiva. “La debolissima memoria difensiva di Salvini e gli allegati sono per lui un boomerang clamoroso che lo inchioda alle sue responsabilità personali - dice Grasso, che aggiunge: “Sono quasi stupito di questa strategia difensiva suicida, a meno che non serva per fare la vittima”.
“Fare la vittima” significherebbe che Salvini intende sfruttare per fini politici la vicenda dell’inchiesta a suo carico, cosa poco seria certo, ma che non dovrebbe stupire. Non dovrebbe stupire i suoi avversari, i quali sono pronti a fare lo stesso per indebolire il capo della Lega, ma non dovrebbe stupire nessuno in generale, visto che la vicenda dell’immigrazione e della gestione dell’accoglienza dei migranti è stata da sempre strumentalizzata dal leader della Lega per fini meramente politici.
La vicenda della Gregoretti, che difficilmente finirà con una condanna del leghista a 15 anni di carcere, si presta infatti benissimo alla sua propaganda politica, tutta incardinata ad autorappresentarsi come l’unico difensore dei confini italiani contro gli altri partiti che vorrebbero invece permettere l’invasione del Paese. Solo qualche giorno fa Matteo Salvini è andato persino oltre, arrivando a dire, in un comizio in Emilia-Romagna, che se processano lui allora i giudici processano l’intero popolo italiano. “Se mi porteranno in un tribunale perché ho difeso i confini, l’onore e la sicurezza del mio Paese - ha detto - processeranno l’intero popolo italiano”. Identificando se stesso addirittura con il popolo italiano, neanche fosse una specie di monarca medievale.
Ma stupisce chi si stupisce, e chi, piuttosto che stupirsi adesso, avrebbe dovuto riflettere meglio prima, evitando sulla vicenda Gregoretti di inseguire Salvini sul piano politico e lasciando semplicemente che la vicenda fosse competenza della Giunta del Senato ed eventualmente dei giudici.
Anche perché, se fosse stata lasciata più saggiamente solo sul piano giuridico, allora sì che l’intera vicenda sarebbe stata un problema per l’ex ministro dell’Interno. È opinione quasi unanime infatti che la memoria difensiva del capo della Lega sia un vero e proprio disastro.
Davanti a chi lo accusa di aver bloccato in mare una nave della Marina militare italiana (non di una Ong), coordinata nei salvataggi dalla Capitaneria di porto italiana, non da Malta, come nel caso della Diciotti, e di averlo fatto in un momento in cui gli accordi con l’Europa sulla redistribuzione erano operativi (non come quando avvenne la vicenda della Diciotti), la giustificazione di Salvini è debolissima.
L’ex ministro parla di decisione presa per la tutela dell’ordine e della sicurezza nazionale, ma non porta le prove del pericolo imminente costituito dai migranti sulla Gregoretti e non spiega come quel pericolo sarebbe stato evitato grazie al suo intervento che ha ritardato lo sbarco di qualche giorno. Scrive poi di una iniziativa intrapresa in accordo con l’interno governo, ma non può dimostrarlo, perché a differenza che sul caso Diciotti, quando altri componenti dell’esecutivo si autodenunciarono, stavolta tutte le dichiarazioni dell’epoca fatte da Conte, Di Maio, o Bonafede, esortavano invece a non trattare la Marina militare italiana come una nave qualsiasi. E inoltre, nella foga del momento, tutte le dichiarazioni dello stesso Salvini all’epoca dei fatti furono declinate strettamente alla prima persona singolare: “Io fermerò”, “io non permetterò”, ecc. Mai “noi”. Perché il suo intento era prettamente di consenso politico personale, e proprio per questo i giudici lo accusano.
Alla fine dunque sarà difficile per la Giunta non concedere l’autorizzazione, ma il voto non sarà mai unanime e dunque la palla passerà poi all’aula del Senato. Salvini spera a questo punto che la Giunta prima e Palazzo Madama poi, si trasformino in un palcoscenico per raccogliere consensi, se possibile da giocarsi già in Emilia-Romagna. Per il Senato però il voto non avverrà prima della fine di febbraio e quindi tutti gli sforzi andranno concentrati su pronunciamento della Giunta, che si è riunita ieri per la prima volta e che prevede si arrivare al voto finale il 20. La maggioranza però tenterà di ritardare il tutto per oltrepassare la data delle elezioni regionali del 26. Intanto, i partiti hanno preso posizione ufficialmente.
A favore di Salvini c’è tutto il centrodestra compatto. Contro di lui c’è il Pd, LeU e il M5s, che giustifica il voto opposto rispetto al caso Diciotti, quando salvò Salvini dai giudici, sostenendo appunto come i due fatti siano completamente diversi. Incerta fino all’ultimo è stata invece Italia Viva, che alla fine voterà per l’autorizzazione a procedere contro Salvini, ma dandogli ragione nella ricostruzione dei fatti: “Salvini nella sua memoria ci ha spiegato che il caso Gregoretti è identico a quello della Diciotti - ha detto il portavoce Ettore Rosato -. Salvini certamente conosce le carte meglio di noi, e se lui dice che i casi sono identici, noi ci comporteremo in modo identico, votando come per la Diciotti a favore dell’autorizzazione al processo contro Salvini”. È il modo dei renziani per dire che il vero bugiardo non è Salvini, ma sono Di Maio e Conte, con i quali ora Renzi è al governo, ma forse non se n’è accorto.
LME