ROMA - Come già accaduto diverse volte in passato, pare che la maggioranza sia riuscita a trovare un accordo sulla giustizia che le permetta di superare lo scoglio della prescrizione, sul quale rischiava di infrangersi l’intera legislatura.
Dopo una settimana di tensioni altissime tra Matteo Renzi, che vorrebbe cancellare la misura entrata in vigore dal 1 gennaio, e il ministro Alfonso Bonafede, che sulla questione è irremovibile, sembrava che il governo fosse davvero sul ciglio del precipizio. Ad aggravare la situazione di precarietà, si aggiunge poi il fatto che nel Pd non pochi la pensano come Renzi, con il rischio che il prossimo 24 febbraio, quando a Montecitorio si voterà la proposta di legge del forzista Costa per l’abolizione della norma Bonafede, si possa profilare una spaccatura interna al partito e la conseguente implosione del governo. Per non perdere la faccia i dem hanno allora inizialmente intimato al ministro di ammorbidire le proprie posizioni, dicendo che altrimenti avrebbero presentato una proposta alternativa su cui almeno far convergere compatto il proprio partito. 
Poi, vedendo che il Guardasigilli non cedeva un millimetro oltre a quello che aveva già concesso al tempo del cosiddetto “lodo Conte”, sul quale Pd e 5 Stelle avevano trovato l’intesa, i vertici dem si sono appellati al premier chiedendogli di mettere in campo una nuova mediazione. Magari, è l’idea arrivata dal Nazareno per bocca del vicepresidente Andrea Orlando, si può provare ad evitare l’ostacolo accogliendo la proposta della parlamentare di Italia Viva Lucia Annibali, che rinvia di un anno l’entrata in vigore della legge. “Non siamo contrari all’ipotesi di un rinvio - ha esortato Orlando -. Se Bonafede lo accetta è la cosa migliore del mondo perché abbiamo il tempo di fare una buona riforma del processo penale”. In questo modo, pensano i dem, non solo si guadagna tempo, ma si tiene buono Bonafede perché non si parla di modifiche alla legge e si accontenta Renzi perché l’idea di rinvio arriva dai suoi.
Tra Guardasigilli e Italia Viva però la temperatura era salita già troppo in alto per poter essere raffreddata, senza contare che Matteo Renzi aveva anche già dichiarato che avrebbe votato con le destre a favore della proposta di Enrico Costa sia alla Camera, dove Italia Viva non è decisiva, ma anche al Senato, dove invece il voto dei renziani potrebbe far cadere il governo.  
Per il ministro della Giustizia però quello di Renzi è solo un bluff e assieme al Movimento 5 Stelle compatto, si dice pronto ad andare fino in fondo, anche a costo di far venire giù tutto. “Stare nella maggioranza - dice Bonafede - significa stare a un tavolo a scrivere le norme, non urlare e strillare da mattina a sera. Siamo in maggioranza, invece sento toni di chi sembra all’opposizione”. “A volte - dice rivolgendosi a Renzi - sembra che i testi glieli scrivano Salvini o Berlusconi”. 
E mentre con Renzi è scontro totale, con il Pd Bonafede prova ad essere propositivo, promettendo di portare oggi stesso al tavolo del Consiglio dei ministri la riforma già pronta del processo penale su cui iniziare a discutere. I dem allora colgono la palla al balzo, chiedendo a Conte di inserirsi proponendo una mediazione, arrivata giovedì e ribattezzata “Lodo Conte 2”. Si tratta in fondo di cavilli, ma si capisce subito che tra Pd, M5s e Leu c’è la voglia di arrivare ad un’intesa, non solo perché da sinistra si vuole evitare a tutti i costi la rottura, ma anche perché Nicola Zingaretti è preoccupato per il ritorno sulla scena di Luigi Di Maio, che ha chiamato il popolo 5 Stelle in piazza il 15 febbraio. È vero infatti che l’impulso alla manifestazione arriva dalla questione dei vitalizi, ma è vero anche che nel suo discorso Di Maio va oltre, scagliandosi contro quella che lui chiama “restaurazione” che colpirebbe anche la legge sulla prescrizione e il reddito di cittadinanza.
Zingaretti intuisce il senso della mossa politica, che vorrebbe riavvicinare il M5s alla base, ma sa anche che contiene non poche insidie. Per questo prova a chiedere a Di Maio di desistere. “Lo invito a guardare al futuro - dice il segretario dem - e a come questo governo può trovare una prospettiva politica”. Sia Di Maio che Renzi però sono al momento molto più preoccupati delle prospettive non rosee dei propri partiti. Ma se le mosse di Italia Viva, tra improbabili ultimatum a “sei mesi” e ventilate ipotesi di staccarsi dalla maggioranza garantendo solo un “appoggio esterno”, è probabile si esauricano nel tentativo di accaparrarsi uno spazio politico, senza una reale intenzione di far cadere il governo. Per il M5s l’ipotesi di mandare tutto all’aria su temi identitari come prescrizione e vitalizi potrebbe essere una via d’uscita da cogliere e un modo per rilanciarsi. Pd e Conte sembrano averlo capito, meglio non rischiare. 
LME