TEL AVIV – Hamas accetta di negoziare sugli ostaggi anche in assenza di un cessate il fuoco permanente. Lo ha riferito un alto funzionario della fazione palestinese che governa Gaza.

"Hamas ha chiesto l'accordo di Israele per un cessate il fuoco completo e permanente come condizione prima di negoziare", ha detto, "questo punto è stato superato, poiché i mediatori si sono impegnati a far sì che, finché i negoziati sono in corso, il cessate il fuoco rimanga in vigore". Secondo l'alto funzionario, Hamas ha informato i mediatori di volere l'attuazione di tre fasi: in primo luogo, l'ingresso a Gaza di 400 camion di aiuti al giorno, poi il ritiro dell'esercito israeliano dal "corridoio di Filadelfia e dal valico di Rafah", che si trovano tra il sud di Gaza e l'Egitto, seguito da una "fase finale" che consiste in particolare nel ritiro completo dal territorio palestinese.

"La palla è nel campo degli israeliani, se vogliono raggiungere un accordo, allora questo molto probabilmente accadrà", ha detto questa fonte, stimando che le discussioni potrebbero durare "due o tre settimane", "se Israele non blocca i negoziati come ha fatto in precedenza".

Nel frattempo, nuove proteste si sono verificate in Israele per aumentare la pressione sul governo Netanyahu affinché raggiunga un accordo con Hamas per la liberazione degli ostaggi e un cessate il fuoco: i manifestanti hanno bloccato numerose strade del Paese e organizzato picchetti davanti alle abitazioni di molti ministri.

“Sono 116 gli ostaggi ancora nelle mani dell’organizzazione terroristica palestinese, risposte?”, si sono chiesti gli organizzatori delle proteste sui social.

Le proteste sono iniziate alle 6:29, ovvero l'ora dell'assalto di Hamas contro Israele il 7 ottobre scorso, secondo i media nazionali. I manifestanti sono scesi in piazza, bloccando il traffico nelle ore di punta nei principali incroci del Paese. Sull'autostrada che collega Tel Aviv a Gerusalemme, inoltre, sono stati incendiati pneumatici.

Gruppi di manifestanti con megafoni e striscioni hanno protestato anche davanti alle abitazioni di numerosi ministri e parlamentari della coalizione. "Fallimento totale! Fallimento totale!", ha urlato una piccola folla davanti alla casa del ministro Ron Dermer, un membro della cerchia ristretta del premier Benjamin Netanyahu.