CASERTA - A 70 anni, 26 anni dopo la sua cattura in un bunker a Casal di Principe dove era con la moglie Giuseppina Nappa e le figlie, il capo dei Casalesi, Francesco Schiavone, noto con il soprannome di Sandokan, ha iniziato a collaborare con la giustizia. Il pentimento del boss, che era stato anticipato da un quotidiano locale, è stato poi confermato da fonti degli inquirenti. Uomini delle forze dell’ordine avrebbero già proposto a parenti del capoclan di entrare nel programma di protezione. Schiavone, negli anni ‘80, è diventato il capo assoluto di una delle organizzazioni criminali campane più potenti economicamente e militarmente, con interessi ramificati in molte regioni.

Con Schiavone, inoltre, inizia l’infiltrazione del clan in diversi settori dell’economia legale e nella politica. Le sue rivelazioni potrebbero aiutare gli inquirenti non solo a ricostruire un pezzo di storia della camorra, individuando mandanti e autori di omicidi e agguati, ma anche a capire gli assetti attuali dei Casalesi. Schiavone ha avuto diverse condanne, anche per omicidio, la più nota delle quali all’ergastolo al termine del celebre processo Spartacus, ed è al regime di 41 bis, confermato nel gennaio 2018 dalla Cassazione che ha respinto una istanza di revoca presentata dai suoi legali. Tra i familiari cui è stato offerto di entrare nel programma di protezione il figlio Ivahnoe. Prima di Sandokan, avevano deciso di collaborare con la giustizia i figli Nicola, nel 2018, e poi il secondogenito, Walter, nel 2021.