TEL AVIV​ - Successione in corso nel gruppo islamista di Hamas, dove Yahya Sinwar diventa il nuovo capo politico prendendo le redini del comando che erano nelle mani Ismail Haniyeh, ucciso a Teheran lo scorso 31 luglio. La scelta di Sinwar rappresenta un “forte messaggio di resistenza” inviato a Israele a dieci mesi dall’inizio della guerra a Gaza, ha detto un funzionario della fazione palestinese. “La nomina dell’ultra terrorista Yahya Sinwar a nuovo leader di Hamas, al posto di Ismail Haniyeh, è un’ulteriore valida ragione per eliminarlo rapidamente e cancellare questa vile organizzazione dalla faccia della terra”, ha commentato il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz. 

La decisione dimostra al mondo quanto potente sia Sinwar, architetto delle stragi del 7 ottobre e nascosto nei tunnel della Striscia dall’inizio della guerra, è riuscito ad avere la meglio su Muhammad Ismail Darwish, capo del consiglio della Shura, di cui non esistono fotografie, nonostante gestisca l’intero impero economico e finanziario di Hamas. Una figura che da anni dirige, nell’ombra e fuori da Gaza, i trasferimenti di denaro dall’Iran alla milizia islamica e negli investimenti in tutto il mondo, e che, nonostante l’appoggio di Doha e Teheran, è stata liquidata nel giro di qualche ora. I miliziani che, dai tunnel sotto la Striscia, combattono la guerra hanno appoggiato Sinwar, a cui ora spettano le decisioni non solo su come continuare a combattere contro Israele, ma anche come gestire i colloqui per la tregua e il rilascio degli ostaggi. E, intervenendo proprio su questo, il portavoce di Hamas, Osama Hamdan, ha assicurato che Sinwar continuerà le trattative: “Il problema nei negoziati non è il cambiamento di Hamas”, ha affermato, insinuando che sia colpa di Israele e degli Stati Uniti se non si è fino ad oggi siglato un accordo. Hamas “rimane salda sul campo di battaglia e in politica. La persona che guida oggi è quella che ha guidato i combattimenti per più di 305 giorni ed è ancora salda sul campo”, ha concluso.

Ma, a una settimana dall’omicidio di Ismael Haniyeh a Teheran, il mondo rimane con il fiato sospeso in attesa della largamente annunciata rappresaglia iraniana contro Israele. Il regime degli Ayatollah ha già comunicato agli ambasciatori stranieri la sua intenzione di colpire lo Stato ebraico ed ha iniziato le manovre preparatorie, spostando i lanciamissili. Contemporaneamente, Teheran sembrerebbe voler prendere ancora tempo convocando una riunione con i Paesi arabi. Per il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, farebbe tutto parte di una precisa strategia: “L’attesa fa parte della punizione, della risposta e della battaglia che è anche psicologica”, ha ammonito, promettendo un attacco di tutto l’asse sciita, inclusi gli Houthi.

Un proclama che è stato preceduto dal volo di aerei israeliani a bassa quota su Beirut, un atto di sfida di Tel Aviv, commentato da Nasrallah in apertura del suo discorso di commemorazione per il comandante militare Fuad Shukr, ucciso una settimana da un raid israeliano: “Il nemico rompe il muro del suono sui quartieri meridionali per spaventare le persone riunite per la cerimonia. Ha una mente meschina”.

A Washington l’ipotesi di un attacco coordinato da Hezbollah, Iran e Yemen è presa in seria considerazione, mentre nello Stato ebraico l’allerta resta altissima. Nel Golan, le autorità locali hanno chiesto ai residenti di restare vicino ai rifugi e ridurre al minimo gli spostamenti, dopo che Hezbollah ha lanciato uno sciame di droni e una raffica di razzi verso le alture contese e la Galilea, facendo suonare più volte le sirene d’allarme.

Continuano, nel frattempo, gli sforzi diplomatici delle cancellerie di tutto il mondo, in un contesto di tensione sempre altissima, in cui è intervenuto anche il presidente russo, Vladimir Putin che, se da un lato continua ad armare l’Iran, dall’altro, ha invitato l’ayatollah Khamenei - guida suprema del Paese - alla moderazione nella risposta a Israele, sconsigliando di attaccare i civili.

Anche il governo italiano prova a fare del suo meglio per cercare una mediazione, con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni che è in contatto con re Abdallah di Giordania e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che si è confrontato con il collega giordano e quello egiziano.