DAMASCO - È l’ora della resa dei conti in Siria. Il regime di Assad si è dissolto, ma la guerra civile continua più violenta che mai, con la furia che si è scatenata contro gli aguzzini del deposto rais.
Li sono andati a prendere nelle loro case, tirandoli fuori da nascondigli improvvisati. Li hanno trascinati in strada, a Latakia, porto nord-occidentale siriano per decenni descritto come la roccaforte dei clan alawiti associati al potere degli Assad.
I membri di quelle che fino a pochi giorni fa erano le temibili mukhabarat, i servizi di controllo e repressione governativi, sono stati giustiziati con colpi di pistola alla tempia o raffiche di mitra su tutto il corpo.
Sorte analoga, ma più cruenta, è toccata ad altri esponenti degli apparati di sicurezza del regime: uccisi e i loro cadaveri trascinati a lungo per le strade di Idlib, roccaforte dei jihadisti ora al governo a Damasco, mentre la folla inferocita li prendeva a calci.
Sono state decine le esecuzioni sommarie condotte oggi in varie regioni della Siria, in particolare nelle zone di Idlib, Latakia, Hama, Homs e Damasco. Una violenza che viene da lontano e che sta riemergendo con tutti i suoi veleni in queste frenetiche ore di vendetta, seguite all’euforia della “liberazione” delle ultime 48 ore.
È anche il giorno in cui continuano a riemergere testimonianze scioccanti delle sevizie compiute per decenni dagli aguzzini del regime, nei confronti dei detenuti politici nella prigione di Saydnaya. Nel carcere-inferno è stata trovata una delle sale di tortura: una serie di corde da impiccagione rosse di sangue rappreso, una pressa meccanica per “schiacciare i corpi” senza vita, che venivano poi spostati nella “sala dell’acido e del sale”, dove “venivano sciolti”.
Almeno 40 cadaveri accatastati con evidenti segni di tortura e con fresche tracce di sangue sono stati rinvenuti a Damasco nell’ospedale militare di Harasta. “Ho aperto la porta dell’obitorio con le mie mani ed è stato uno spettacolo orribile: una quarantina di corpi erano ammucchiati, con segni di terribili torture”, ha raccontato uno dei primi miliziani di Hayat Tahrir al-Sham, giunto nel tristemente noto ospedale-mattatoio di Harasta.
Sull’onda di una rabbia antica e incistata nelle pieghe di una società violentata da troppo tempo, il leader dei miliziani jihadisti Ahmad Sharaa (Jolani) in mattinata aveva annunciato l’intenzione di pubblicare una lista dei “nomi degli ufficiali più anziani coinvolti nella tortura del popolo siriano”.
“Offriremo ricompense a chiunque fornisca informazioni su alti ufficiali dell’esercito e della sicurezza coinvolti in crimini di guerra”, si leggeva nell’annuncio di Sharaa. Mentre il premier incaricato, Muhammad Bashir, ha promesso che il suo nuovo governo “scioglierà i servizi di sicurezza” del dissolto regime.
Ma se gli ufficiali più anziani delle mukhabarat sono quelli che hanno maggiori risorse per fuggire all’estero o per nascondersi meglio, la furia si è abbattuta sui quadri medio-bassi del sistema di repressione.
La comunità internazionale “non ha più nulla da temere dalla Siria dopo il rovesciamento del regime di Bashar al-Assad”, ha dichiarato a Sky News il leader di Hayat Tahrir al-Sham, Abu Mohammed al-Jolani, aggiungendo che “i loro timori sono inutili, se Dio vuole. La paura derivava dalla presenza del regime. Il Paese si sta muovendo verso lo sviluppo e la ricostruzione. Sta andando verso la stabilità. La gente è esausta per la guerra. Quindi il Paese non è pronto per un’altra guerra e non ci entrerà”.