DAMASCO - In Siria sono circa 200 gli abitanti uccisi, per lo più alawiti, nei sanguinosi regolamenti di conti avvenuti nell’arco dell’ultimo mese, dalla dissoluzione del regime di Bashar al Assad lo scorso 8 dicembre.
Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui sarebbero 194 le persone uccise, di cui 180 uomini, 9 donne e 5 minori, a opera di milizie locali che si dicono affiliate al nuovo governo, rappresentato da Ahmad Sharaa, leader delle fazioni che hanno preso il potere a Damasco.
Le uccisioni sommarie sono avvenute finora per lo più nelle regioni di Homs e Hama.
L’ultimo episodio di sangue si è verificato nella regione di Hama, quando cinque persone, di cui quattro fratelli, sono stati catturati e giustiziati sommariamente nella località di Mazraa. Le fonti affermano che sono stati uccisi “perché sciiti”, ma non si hanno conferme a riguardo.
Lo scorso 7 gennaio, tre shaykh (leader religiosi locali) della comunità alawita, per decenni identificata col regime della famiglia Assad (per 54 anni al potere in Siria), sono stati uccisi da sicari non meglio identificati lungo la strada Tartus-Damasco. I tre – identificati come gli shaykh Jaber Issa, Haytham Maala, Muhammad Tafa – sono stati assassinati a bordo dell’auto sulla quale viaggiavano. Le circostanze del crimine non sono state ancora chiarite.
Il 24 dicembre scorso, sempre secondo l’Osservatorio siriano, altri uomini armati non meglio identificati hanno ucciso tre giudici appartenenti alla comunità alawita a ovest di Hama. Si è trattato del primo assassinio di giudici nella Siria post-Assad.