CROTONE - Una vera e propria agenzia di viaggio a livello europeo, ramificata tra Iraq, Turchia ed Europa ma radicata a Crotone, provvedeva ad organizzare i viaggi illegali di migranti dal Medio Oriente verso l'Europa, a prezzi che variavano dai 10 ai 15 mila euro. 

Inquirenti e investigatori hanno smantellato l’organizzazione con 13 arresti, nel corso dell'operazione condotta dai finanzieri del Comando provinciale di Crotone e quelli dello Scico di Roma, con il coordinamento della Dda di Catanzaro. 

La finalità, ha spiegato il procuratore facente funzioni di Catanzaro Vincenzo Capomolla, era quella di organizzare i viaggi sin dai luoghi di partenza fino alle coste della Calabria, soprattutto a Crotone e Roccella Jonica, passando da Turchia e Grecia. Quindi il trasferimento dei Paesi del nord Europa attraverso, principalmente, il valico di Ventimiglia. “Si tratta di una organizzazione inquietante perché sfrutta la disperazione dei propri connazionali”, ha affermato Capomolla. 

Il comandante regionale della Guardia di finanza della Calabria, Gianluigi D'Alfonso, ha rivelato che il gruppo agiva in spregio delle persone trasportate, chiamate in maniera sprezzante “pecore” o “piccioni”. 

La rilevanza dell'operazione, secondo gli inquirenti, è legata a due fattori. Non solo è stata monitorata l'attività dell'organizzazione, ma ha aiutato a capire come si sviluppa il traffico dei migranti sin dal Kurdistan per andare in Europa. Il Cara di Isola Capo Rizzuto era il bacino da cui l'organizzazione attingeva i propri “clienti” ai quali il biglietto per i mezzi di trasporto verso la Liguria veniva fatto pagare anche 1.000 euro a fronte di un costo reale di appena una cinquantina. 

Il gruppo si rivolgeva soprattutto ai non richiedenti asilo, ai quali veniva fornito un primo sostegno per una breve permanenza nel crotonese, prima della partenza in bus o treno verso Ventimiglia. 

Nel corso dell'operazione sono stati sequestrati due minimarket ed un negozio di telefonia a Ventimiglia, Milano e Roma che fungevano da agenzie per il pagamento del prezzo del viaggio attraverso il sistema Hawala. 

L'organizzazione disponeva di una grande quantità di passaporti veri in bianco, soprattutto iracheni, utilizzati anche da organizzazioni terroristiche, circostanza emersa da un'intercettazione agli atti dell'inchiesta.  

Nella conversazione, uno degli indagati disquisisce con un altro degli arrestati di un passaporto, di cui quest'ultimo aveva bisogno. Il primo interlocutore, Mhamad Abdula Tahsin, faceva quindi presente di essere in grado di procurargli quanto richiesto, in quanto disponeva di moduli in bianco, provenienti dall'Iraq, e ricordava un episodio nel quale aveva favorito un soggetto, a suo dire un trafficante di migranti. 

Tahsin, parlando con una terza persona in un'altro colloquio intercettato, aveva anche fatto riferimento alla sua ventennale attività nel traffico dei migranti sottolineando che, nel solo 2014, aveva guadagnato ben 65.000 euro. Lo stesso aveva anche evidenziato di avere diversi soggetti a lui collegati, e che era preferibile operare all'estero perché in Italia "questo lavoro è pericoloso. Negli anni passati un amico mio che lavorava qua è stato arrestato e gli hanno dato 3 anni di carcere, senza guadagnare. Io sono scappato in Bulgaria".