Quali sono i vantaggi per il lavoratore, per l’azienda e l’ambiente? Quali i rischi? Quale profilo di personalità lo può valorizzare? Quando diventa “lazy working” (l’espressione è mia), un lavorare lento, trascurato, dispersivo, inefficace, uno pseudo-lavorare (“fiction working”)? In sintesi, quali sono le condizioni per svolgerlo bene?

Nell’ordinamento italiano (legge n. 81/2017) il lavoro agile, o smart working, è stato definito come «una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa». Questo significa «ripensare il telelavoro in un’ottica più intelligente, mettendo in discussione i tradizionali vincoli legati a ruolo e orario, lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati», come sostiene Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.

I vantaggi per il lavoratore sono molti: netto guadagno del tempo necessario per i trasporti, con una o più ore di vita riconquistate ogni giorno. Migliaia di chilometri percorsi in meno, all’anno; meno incidenti. Meno stress da lavoro, più equilibrio di vita. Con più tempo per il sonno (oggi troppo ridotto), per gli affetti, per la famiglia, per la cura di sé, della casa o di una passione amata. Uno “smart living”, un vivere quotidiano più agile e brillante. Questo significa grande risparmio in carburante e usura dell’auto, se si viaggia con mezzi propri. Minore inquinamento, per riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Aria più pulita e cieli più limpidi per tutti. Anche l’azienda privata può trarne beneficio, se il lavoratore ha un profilo di personalità adeguato: equilibrato, con amore per il lavoro e senso del dovere, autodisciplina e senso di responsabilità. A queste condizioni lo smart working può tradursi in un aumento di efficienza e di produttività, anche intellettuale: più riposati e lucidi, si lavora meglio.

Quanti lavoratori, oggi, hanno queste capacità? C’è una differenza nella capacità di smart working tra dipendenti pubblici e privati? Chi controlla il rendimento e il rispetto delle regole contrattuali? Anche le condizioni ambientali a casa sono importanti. Molto dipende dalle dimensioni dell’appartamento e dalla struttura della famiglia. E’ più facile farlo se si è single o in coppia, con uno spazio ciascuno per la propria scrivania. È oggettivamente più complesso se l’appartamento è piccolo e vi sono uno o due figli, bambini o adolescenti, in casa.

Il “rumore di fondo” può essere incompatibile con la concentrazione necessaria per lavorare bene. Il nemico peggiore, tuttavia, sembra essere il telefonino: un disturbo continuo di whatsapp, tweet, like, chiamate inutili e conversazioni perditempo. Ideale tenere due telefonini: quello privato chiuso quando si lavora, e viceversa. L’altisonante “multitasking” comporta di fatto una frammentazione dell’attenzione, deleteria per i più. Meglio fare una cosa alla volta, e bene. Quando si lavora, la testa sia sul lavoro. Finito quello, più tempo per la vita.

Tuttavia, anche i lavoratori più affidabili dicono di aver voglia di tornare in ufficio, almeno per qualche giorno a settimana. Nel lavoro da casa, con contatti solo virtuali, vengono a mancare molte cose: la “liturgia” del lavoro, che è fatta di una precisa scansione temporale della giornata, con un suo ritmo e propri codici comportamentali, che ad alcuni/e manca molto. Manca il piacere delle riunioni vis-à-vis, del fare squadra su un progetto importante, di discutere, guardandosi negli occhi, senza il filtro dello schermo. Manca il seguire e far crescere i più giovani del proprio gruppo, con i quali la supervisione diretta è più efficace. Un rischio pesante è la “disaffezione al lavoro”: lo sostiene un avvocato parlando delle diverse modalità di smart working notate tra i suoi collaboratori, durante il lockdown. Manca la pausa caffè, dove a volte escono le idee migliori. 

Manca il contatto diretto con i clienti. “Manca la vita vera”, che anche nel lavoro è fatta di tante cose. La soluzione sarà intermedia: con uno-due giorni di smart working, e il resto in ufficio. Per distillare il meglio, per sé e per il lavoro, in modo duttile e dinamico. 

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