TEL AVIV – La risposta israeliana alle promesse di riconoscimento di uno Stato palestinese arrivate nelle scorse settimane da alcuni Paesi europei e dall’Australia è echeggiata forte attraverso le parole del ministro della Difesa Bezalel Smotrich, che ha annunciato l’approvazione di un nuovo piano di insediamento israeliano nella regione E1, tra Gerusalemme e Ma’ale Adumim in Cisgiordania, che consiste in 3.401 unità abitative per i coloni. Un piano che, ha detto, “seppellirà l’idea di uno Stato palestinese”.
Il progetto, del quale si parla da un ventennio e che fu promosso ai tempi dal premier Ariel Sharon, intende unire Gerusalemme a Ma’ale Adumim coprendo una superficie di circa 7 chilometri ad est della capitale.
Il progetto, rimasto congelato per 20 anni a causa della forte opposizione della comunità internazionale, impedirebbe la creazione di un’area urbana palestinese continua che collegherebbe Ramallah, Gerusalemme Est e Betlemme. “Dopo decenni di pressioni e blocchi internazionali, stiamo infrangendo le convenzioni e collegando Ma’ale Adumim a Gerusalemme - ha dichiarato Smotrich -. Questo è il sionismo al suo meglio: costruire, insediare e rafforzare la nostra sovranità nella Terra d’Israele”.
In vista di un’occupazione totale di Gaza, l’annessione della Cisgiordania è tornata ad essere un cavallo di battaglia per gli ultraortodossi, con il Ministro della Difesa che ha tuonato: “Chi oggi vuole riconoscere uno stato palestinese riceverà una risposta da noi sul campo: case, quartieri, strade e famiglie ebree che costruiscono le loro vite”.
Rivolgendosi poi al capo del govermo, Smotrich ha proseguito chiedendo al “primo ministro Netanyahu di applicare la sovranità israeliana in Giudea e Samaria, abbandonare l’idea di dividere il paese e garantire che entro settembre gli ipocriti leader europei non abbiano più nulla da riconoscere”.
L’Anp ha “condannato fermamente” il progetto invitando a “un intervento internazionale e sanzioni per fermarne l’attuazione”. Sulla stessa linea le capitali arabe Amman, Baghdad e Doha. Nel mirino, anche le recenti dichiarazioni di Netanyahu, che si è detto molto “molto legato” alla visione del “Grande Israele”: un territorio che, nell’interpretazione biblica risalente al regno di Salomone, comprende non solo i territori palestinesi ma anche parti di Giordania, Libano e Siria.
Anche la Commissione Ue ha ribadito la sua contrarietà a “qualsiasi modifica territoriale che non faccia parte di un accordo politico tra le parti interessate”. L’alto rappresentante Ue, Kaja Kallas, ha esortato “Israele a desistere dal portare avanti questa decisione”, che, ha sottolineato, indebolirebbe ulteriormente la soluzione dei due Stati e violerebbe il diritto internazionale.
Di opposto avviso gli Stati Uniti: per il Dipartimento di Stato “una Cisgiordania stabile mantiene Israele sicuro ed è in linea con l’obiettivo di questa amministrazione della pace nella regione”.