WASHINGTON - Nuova incertezza avvolge le indagini per la sparatoria avvenuta alla Brown University di Providence, Rhode Island. Nonostante l’arresto lampo di un ex militare con problemi psichici sospettato, le autorità hanno dovuto rilasciarlo a poche ore di distanza. L’attacco, costato la vita a due studenti e che ha lasciato ferite nove persone, riapre ora la caccia all’uomo.
L’uomo era stato fermato nella notte all’Hampton Inn di Coventry, vicino all’aeroporto, a circa 30 km dal campus. La sua cattura era avvenuta in modo spettacolare, con un’ingente presenza di forze dell’ordine federali e locali, e il ritrovamento di due armi da fuoco.
Tuttavia, il sospetto è stato rapidamente scagionato. “A breve rilasceremo la persona arrestata oggi”, aveva anticipato il sindaco di Providence, Brett Smiley, per poi confermarne il rilascio.
Il procuratore generale del Rhode Island, Peter Neronha, ha chiarito la decisione: “Penso che sia giusto dire che non ci sono basi per considerarlo una persona di interesse. Questo è il motivo per cui lo stiamo rilasciando. Abbiamo un assassino in giro, e quindi non riveleremo il nostro piano d’azione”.
La polizia ha diffuso un video di 10 secondi che mostra il vero sospettato, ripreso di spalle, mentre cammina a passo svelto lungo una strada deserta dopo aver aperto il fuoco. Si tratterebbe di una persona sui 20 o 30 anni, non iscritta come studente alla Brown University.
La sparatoria, l’ultimo di una lunga e tragica serie di attacchi in edifici scolastici negli Stati Uniti, è avvenuta in un’aula al primo piano dell’edificio di ingegneria, dove si stavano svolgendo gli esami di fine semestre. Secondo l’ex vicecapo della polizia di Providence, Thomas Verdi, il tiratore “conosceva l’edificio. Conosceva l’area... Sapeva dove si trovavano. C’erano esami il sabato. È entrato praticamente senza che nessuno notasse nulla e se ne è andato”.
Secondo la testimonianza di Joseph Oduro, 21 anni, studente e assistente didattico, che stava tenendo una lezione di Economia in quell’aula, l’inferno si è scatenato quando la lezione era quasi terminata. “All’improvviso, abbiamo sentito degli spari e delle urla nel corridoio”, ha riferito. “Circa tre secondi dopo, un uomo con una maschera sul viso e un fucile è entrato in classe e ha iniziato a sparare. Gli studenti seduti nella fila centrale hanno avuto più difficoltà a sfuggire ai colpi”.
L’uomo ha urlato qualcosa che, a detta di Oduro, era incomprensibile. “È proprio questo che io, gli studenti e gli investigatori stiamo cercando di ricostruire”, ha aggiunto.
Centinaia di studenti sono stati costretti a rimanere barricati per ore in aule e bagni del campus. Chiang-Heng Chien, 32 anni, ha raccontato di essersi nascosto con i colleghi: “Abbiamo chiuso la porta, spento le luci e ci siamo messi sotto i banchi, aspettando per ore al buio”.
Gli esami di fine semestre sono stati cancellati e gli studenti sono ora rientrati a casa per le festività. Sul fronte della sicurezza, affiorano intanto i primi interrogativi sulle misure del campus, dove le porte esterne dell’edificio di ingegneria risultavano sbloccate.
La comunità cittadina si riunisce in serata per stringersi intorno alle vittime, in un evento originariamente previsto per l’accensione dell’albero di Natale e della menorah per la prima notte di Hanukkah. Da Donald Trump sono arrivate “poche parole di circostanza” (“che cosa terribile”) e l’invito a pregare, ma nessun commento sull’epidemia delle armi da fuoco.
Il Gun Violence Archive ha contato 389 sparatorie di massa quest’anno negli Stati Uniti, di cui almeno sei nelle scuole.