CANBERRA - Due ex parlamentari australiani hanno avviato un’azione legale presso l’Alta Corte contro le nuove norme su donazioni e spesa elettorale, sostenendo che le riforme favoriscono in modo sproporzionato i maggiori partiti a discapito degli indipendenti.

Zoe Daniel, ex deputata indipendente, e Rex Patrick, ex senatore, contestano le leggi approvate dal Parlamento federale che entreranno in vigore a metà del 2026. Secondo il ricorso, i nuovi limiti “alterano il campo di gioco” e rendono molto più difficile per i candidati non affiliati ai maggiori partiti competere in modo equo.

Le riforme introducono un tetto di 50mila dollari alle donazioni che una singola persona può fare a un candidato o a un partito, oltre a un limite di spesa di 800mila dollari per collegio elettorale durante una campagna. Tuttavia, i grandi partiti possono ricevere fino a 450mila dollari da un singolo donatore, grazie alla possibilità di versare contributi separati alle articolazioni statali, territoriali e federali della stessa forza politica.

Inoltre, mentre i candidati indipendenti sono vincolati ai limiti di spesa nel singolo collegio, i partiti possono investire fino a 90 milioni di dollari in pubblicità nazionale. Questo tipo di comunicazione, che promuove il partito e non un candidato specifico, non viene conteggiata nel tetto locale. Secondo Daniel e Patrick, ciò consente ai grandi partiti di inondare i seggi marginali di messaggi finanziati centralmente, neutralizzando di fatto i limiti imposti agli avversari indipendenti.

Il ricorso sostiene che queste norme impongono un onere ingiustificato alla libertà implicita di comunicazione politica prevista dalla Costituzione. In particolare, viene contestata anche la restrizione che limita i donatori a sostenere non più di cinque candidati in uno stesso stato o territorio, una misura che, secondo i ricorrenti, colpisce soprattutto gli indipendenti sostenuti da reti di raccolta fondi come Climate 200.

“È un trucco, non una riforma”, ha dichiarato Daniel, sostenendo che le regole scoraggiano nuove candidature e consolidano il potere dei partiti tradizionali. Sia lei sia Patrick hanno indicato di stare valutando una candidatura alle elezioni del 2028, ma hanno definito i nuovi limiti “un forte disincentivo”.

Dal canto suo, il ministro speciale di Stato Don Farrell ha più volte difeso le riforme, affermando che servono a ridurre l’influenza del denaro nella politica e a rafforzare la trasparenza. Il governo si è detto consapevole del rischio di un ricorso giudiziario, che ora apre un nuovo fronte nel dibattito sul futuro del finanziamento politico in Australia.