ROMA - “L’Italia e l’Unione Europea devono rafforzare le proprie capacità difensive per poter rispondere alle responsabilità in ambito Nato. Lo ribadisco in questa sede con la coerenza di chi da patriota ha sempre sostenuto un principio semplice: la libertà ha un prezzo e se fai pagare a un altro la tua sicurezza non sei tu a decidere pienamente del tuo destino e non c’è la possibilità stessa di difendere appieno i propri interessi nazionali”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, durante il Question Time al Senato, rispondendo sul tema della difesa europea. “È arrivato il momento in cui la Nato prenda in maggiore considerazione il fianco Sud” dell’Alleanza.

“Rafforzare la difesa non vuol dire occuparsi di potenziare gli armamenti che è comunque fondamentale - ha sottolineato la Premier -. L’Italia raggiungerà nel 2025 il target del 2% del Pil sulle spese della difesa”. “Senza difesa non c’è sicurezza e senza sicurezza non c’è libertà”, ha detto la Premier, ricordando come il rafforzamento della difesa sia “uno dei punti nel programma della maggioranza”. “Mantenere gli impegni presi è fondamentale; lo faremo e lo facciamo”, ha concluso. 

La credibilità dell’Italia è dimostrata anche dal “rinnovato appeal dei titoli pubblici. Lo dice lo spread che piaceva tanto come elemento di valutazione a oggi è più che dimezzato rispetto a quando ci siamo insediati e qui parliamo di una cosa che in realtà è molto concreta perché uno spread più basso significa miliardi di interessi sul debito pubblico risparmiati dallo Stato con risorse che possono essere destinate ad altre esigenze, alla sanità, all’istruzione, al sostegno ai redditi più bassi”.

“L’ufficio parlamentare di bilancio - ha detto ancora Meloni - ha calcolato che nel solo biennio ‘25-’26 questo risparmio dovrebbe ammontare a circa 10 miliardi e mezzo di euro. È una credibilità che abbiamo costruito con una politica seria sui conti pubblici, conti pubblici che hanno evidenziato un andamento migliore delle attese nonostante l’eredità che avevamo raccolto e che ha permesso all’Italia di tornare in avanzo primario già nel 2024. Siamo l’unica nazione del G7 dopo il Covid a esserci riuscita”.

“Abbiamo raggiunto il livello massimo di occupati di sempre - ha aggiunto -.Vogliamo proseguire su questa strada; la nostra volontà è fare qualche passo in più sul tema dell’occupazione”. “La crescita occupazionale, la tutela del potere d’acquisto, l’aumento degli stipendi sono priorità che questa maggioranza e questo governo hanno ben chiare sin dal loro insediamento, priorità che consideriamo irrinunciabili, fondamentali sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista macroeconomico”.

Le riforme? “Il premierato sta andando avanti. Io continuerò a considerarlo la madre di tutte le riforme. Dipende dal Parlamento, ma la maggioranza è intenzionata a procedere in maniera spedita, come sulla riforma della Giustizia”, ha assicurato.

“Immagino che si sappia che la flessione della produzione industriale non è una dinamica italiana, ma un problema che caratterizzata le principali economie europee e al contrario, in un contesto generale di contrazione produttiva, per paradosso, l’Italia fa registrare una delle performance migliori: l’indice di produzione industriale è scesa del 2,4% rispetto al periodo pre-Covid, la Germania a -8,9%, la Francia -3,4%”. “La congiuntura negativa è legata in gran parte al settore dell’automotive, che è stato schiacciato dalle follie ideologiche e di una transizione ecologica incompatibile con la sostenibilità dei sistemi produttivi - ha osservato -. Nonostante questo scenario l’Italia, l’anno scorso, ha esportato beni per un valore di 623 miliardi di euro, con una diversificazione del sistema produttivo che ci colloca tra i primi nel G20”. 

“Meloni in Senato afferma che ‘gli italiani all’estero sono la più grande rete diplomatica del nostro Paese’ e riceve applausi e standing ovation.Una dichiarazione che suona come una beffa se si considera che, nello stesso momento, il suo governo sta attivamente cercando di smantellare questa stessa rete, attraverso un decreto sulla cittadinanza che di fatto taglia il riconoscimento dello iure sanguinis”, ha dichiarato il senatore del Pd, Francesco Giacobbe, eletto nella circoscrizione Estero Africa-Asia-Oceania-Antartide, dopo l’intervento della premier a Palazzo Madama. Giacobbe ha evidenziato la discrepanza fra le parole di Meloni e le conseguenze del decreto approvato dal suo governo, sottolineando che questo si tradurrebbe in un “addio alla cittadinanza per i discendenti degli italiani emigrati, proprio quelli che la Premier definisce ‘ambasciatori dell’Italia nel mondo’”. 

Di fronte a questa contraddizione, il senatore Giacobbe ha spiegato: “Allora, delle due l’una: o Meloni non crede davvero che gli italiani all’estero siano una risorsa, oppure non condivide il decreto e dovrebbe avere il coraggio di fermarlo subito. Non si può dire una cosa e fare l’esatto contrario… a meno che non si pensi che gli italiani all’estero siano ottimi solo per i discorsi, ma superflui quando si tratta di diritti”.