WASHINGTON - Dopo aver fatto la voce grossa sugli stranieri che vengono a studiare nelle università d'élite e minacciato “un’aggressiva” stretta su quelli provenienti dalla Cina, Donald Trump incassa una nuova sconfitta in tribunale: nel giorno delle lauree di Harvard, l’ateneo bersaglio numero uno della campagna della Casa Bianca contro l’indipendenza del sistema accademico, la giudice di Boston Allison Burroughs ha nuovamente bloccato l’ordine dell’amministrazione che avrebbe cancellato da un giorno all’altro i visti degli studenti internazionali dell’ateneo. 

Un brusio ha accolto la notizia sul campus dove molti laureandi avevano appuntato sulla toga un garofano bianco: “Simbolo della nostra innocenza in una situazione in cui siamo trattati come ostaggi”, ha detto il lituano Matas Koudarauskas, uno degli stranieri della classe 2025 che aveva promosso l’iniziativa. 

L’ultimo affondo del governo federale era arrivato poche ore prima dell’inizio della cerimonia, con l’ordinanza del segretario di Stato Marco Rubio che prevedeva un “aggressivo” giro di vite sugli studenti cinesi, partendo da quelli affiliati al partito comunista e per colpire anche quanti studiano in “settori critici” come la fisica. La Cina è il Paese di origine del secondo gruppo per numero di iscritti alle università statunitensi: la mossa è stata prontamente condannata come “irragionevole” dalla Cina che ha presentato una formale protesta. 

Almeno per Harvard, comunque, i visti per ora non si toccano: “Voglio mantenere lo status quo”, ha detto la giudice Burroughs che da giovane aveva fatto domanda all’ateneo, era stata respinta, ma non ha serbato rancore. Facendo parzialmente marcia indietro gli avvocati del governo avevano dato a Harvard 30 giorni per presentare le proprie argomentazioni, ma il magistrato ha rispedito la palla al mittente rassicurando tanti ragazzi che nei giorni scorsi avevano espresso timore di presentarsi alle lauree: così aveva spiegato al tribunale la direttrice dei servizi per l’immigrazione dell’ateneo Maureen Martin in vista dell’udienza di oggi. 

Gli studenti stranieri contribuiscono per oltre 44 miliardi all’economia americana e sostengono quasi 380 mila posti di lavoro, secondo lo studio del think tank indipendente National Foundation for American Policy. Il loro destino, alla luce della stretta di Trump, è stato il convitato di pietra alle lauree di Harvard. Una standing ovation ha accolto il presidente Alan Garber e l’applauso è stato rinnovato quando Garber, paragonato dalla leggenda del basket e laureato ad honorem Karem Abdul-Jabbar all’attivista per i diritti civili Rosa Parks, ha dato il benvenuto alla classe del 2025: “Venite da tutto il mondo, proprio come deve essere”.  

Piccoli atti di protesta hanno marcato la cerimonia: dopo un volantinaggio pro-Gaza fuori dai cancelli dell’ateneo organizzato da un gruppo di ex alunni, mentre uno striscione pro-palestiese srotolato dai piani alti della Widener Library è stato prontamente confiscato dalla polizia del campus. 

“Meritereste di ascoltare una star, un premio Nobel o forse, chissà, persino il Papa in persona, ma quando immigrati legali e altri che si trovano in questo Paese in modo regolare — inclusi molti studenti internazionali — temono di essere ingiustamente detenuti o persino deportati, forse è giusto che a parlarvi sia un immigrato come me”, ha detto infine alla classe 2025 Abraham Verghese, autore di bestseller ed esperto di malattie infettive, a cui è toccato l’onore del discorso della laurea.