SYDNEY - Alice Loda, ricercatrice e docente presso la University of Technology di Sydney (UTS), si dedica a un progetto tanto affascinante quanto significativo: riportare alla luce le storie di vita delle donne italo-australiane emigrate in Australia nel corso del XX secolo.
Nel seminario da lei organizzato, dal titolo Subject, history, relationality: life writing by Italian-Australian Women in the late Twentieth Century, ha condiviso i risultati del suo studio sulla scrittura autobiografica femminile, un lavoro che rivela aspetti sorprendenti della vita di donne che, attraverso le loro narrazioni, sfidano i tradizionali paradigmi autobiografici dominati dal maschile.
Al centro della ricerca di Alice Loda ci sono le narrazioni emerse da un concorso letterario organizzato dalla National Italian Australian Women’s Association (NIAWA) nel 1986. Fondato nel 1985 da Franca Arena, questo collettivo di donne italo-australiane si proponeva di dare voce a una comunità spesso marginalizzata nel panorama culturale australiano.
Attraverso una partnership con Alitalia, NIAWA ha invitato le donne italiane a raccontare le proprie storie di migrazione e adattamento, proponendo un nuovo spazio narrativo che desse dignità e centralità all’esperienza femminile. Alcune di queste storie sono state poi raccolte nel volume bilingue, Give me strength - Forza e coraggio pubblicato nel 1989, mentre altre sono rimaste inedite, custodite negli archivi della State Library in New South Wales.
Loda si è dedicata allo studio di questo corpus, che conta una trentina di racconti, con l’obiettivo di analizzare le qualità formali, linguistiche e materiali di queste narrazioni autobiografiche ma anche a tante altre storie che, seppur escluse per problemi di spazio nel volume, sono altrettanto significative e doverose di menzione.
I testi esplorati rappresentano voci uniche, che testimoniano la vita delle comunità italiane in Australia tra le due guerre mondiali e negli anni immediatamente successivi. Loda sottolinea come il panorama accademico italiano abbia trascurato a lungo queste storie, dando invece più spazio agli scritti di autori maschili e limitando così la rappresentazione dell’esperienza migratoria femminile.
Le narrazioni femminili che Loda analizza offrono un modello autobiografico diverso rispetto a quello canonico. “Se il modello maschile di autobiografia, dominante nella tradizione occidentale, è rappresentato da figure come Sant’Agostino o Jean-Jacques Rousseau, caratterizzate da vite straordinarie e individualiste, le autobiografie delle donne italo-australiane seguono un filo narrativo più corale e relazionale”, ha spiegato la ricercatrice. Barbara Kane, una delle autrici su cui si basa la ricerca di Loda, afferma che le autobiografie femminili si costruiscono spesso sulle relazioni: non solo quelle familiari, come madri e figlie, ma anche sulle reti di amicizie e alleanze tra donne.
In questo contesto, le storie raccontate in Give me strength diventano espressioni di una “rete di pensiero femminile”, un mosaico che raccoglie le soggettività delle autrici, delle editrici della NIAWA e, per estensione, delle donne della comunità italo-australiana.
Loda ha evidenziato la sorellanza come elemento fondante di queste narrazioni, sottolineando come “molte storie includono l’intervento di altre donne, amiche e confidenti che aiutano e sostengono nel difficile percorso di adattamento in una nuova terra. Questo tipo di narrazione crea uno spazio di solidarietà che sfida le convenzioni letterarie occidentali e si collega agli studi femministi e ai modelli transnazionali”.
Tra le narrazioni che Loda ha studiato, la storia di Maria Paoloni risalta per la sua intensità e complessità. Emigrata in Australia con il marito, la donna ha affrontato una serie di eventi drammatici, tra cui la nascita e la perdita di una figlia in un ambiente ostile, dove la barriera linguistica e culturale ha rappresentato un ostacolo quasi insormontabile.
Dopo che il marito viene internato in un campo di prigionia durante la Seconda guerra mondiale, Maria ha creato un legame con un’altra donna, che possiede una fattoria, dimostrando un’intraprendenza e una forza straordinarie: “La sua storia è un esempio di ‘alleanza femminile’, in cui le donne si sostengono a vicenda in un contesto sociale e politico difficoltoso, creando un nucleo di forza condivisa”, ha chiarito Loda.
Un altro aspetto affascinante del lavoro della ricercatrice è l’analisi della lingua utilizzata in queste narrazioni. Molte delle donne che hanno partecipato al concorso letterario appartenevano alla cosiddetta ‘letteratura operaia’, o letteratura working class, composta da quelle donne che, pur non avendo una formazione accademica formale, riescono a creare testi di grande potenza espressiva.
La loro scrittura è caratterizzata da un continuo passaggio tra italiano e inglese, con un linguaggio che si adatta alla vita vissuta e all’esperienza migratoria. Questa scrittura “translinguistica” non solo testimonia la vita delle autrici, ma rappresenta anche una forma di resistenza e adattamento, un modo per mantenere vive le proprie radici pur integrandosi nella cultura locale.
Il seminario ha suscitato notevole interesse, coinvolgendo studiosi e membri della comunità, tra cui Maria Cristina Mauceri dell’Università di Sydney. Alice Loda spera che il suo lavoro sia solo l’inizio di una più ampia indagine sulle storie delle donne italo-australiane e sulla loro importanza nel contesto della letteratura migrante.
La sua ricerca si pone come contributo per la comprensione delle pratiche autobiografiche femminili, viste non solo come atti di resistenza contro l’invisibilità del lavoro e dell’esperienza femminile, ma anche come l’incarnazione testuale di una verità poetica. Loda auspica che questo progetto possa espandere il campo degli studi sulla scrittura trans-linguistica femminile, offrendo una visione più inclusiva e diversificata del contributo delle donne migranti alla cultura e alla letteratura.
Concludendo, l’obiettivo è dare spazio e voce alle esperienze che hanno plasmato la vita di generazioni di donne italo-australiane, creando un ponte tra passato e presente, tra identità italiane e australiane, e favorendo una comprensione più profonda della complessa soggettività femminile in contesti transnazionali.