CAPACI - “La mafia, come ogni fatto umano, ha avuto un inizio e avrà anche una fine”. Lo ripeteva il magistrato antimafia Giovanni Falcone, richiamando tutti alla coerenza, all’impegno educativo e alla responsabilità collettiva di combattere la criminalità insieme alle istituzioni.
A 33 anni dalla strage di Capaci - avvenuta il 23 maggio 1992 - il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato che “la mafia ha subito colpi pesantissimi”, ma ha sottolineato anche che “all’opera di sradicamento va data continuità, cogliendo le sue trasformazioni, i nuovi legami con attività economiche e finanziarie, le zone grigie che si formano dove l'impegno civico cede il passo all'indifferenza”.
La strage fu compiuta da Cosa Nostra, che fece esplodere 500 kg di tritolo sull’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci, provocando la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e di tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. L’attacco segnò uno dei momenti più drammatici della lotta dello Stato contro la mafia.
In quest’ottica è quindi fondamentale, ha aggiunto, “tenere sempre alta la vigilanza, coinvolgendo le nuove generazioni nella responsabilità di costruire un futuro libero da costrizioni criminali”.
In mattinata è stata deposta una corona di alloro davanti alla stele di Capaci, in memoria delle vittime.
Mattarella ha definito l’attentato del 23 maggio 1992 come “una ferita tra le più profonde della nostra storia repubblicana”, e ha rivolto un pensiero a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, ricordando anche le vittime della strage di via D’Amelio.
“A loro è unito indissolubilmente il ricordo di Paolo Borsellino, di Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina”, ha sottolineato il presidente della Repubblica, rimarcando che furono tutti “servitori dello Stato che la mafia uccise con eclatante violenza per piegare la comunità civile”.
Ma al contrario, ha aggiunto, “quelle tragedie generarono una riscossa della società e delle istituzioni. L’azione stragista svelò la minaccia alla libertà di ogni cittadino”, e il contrasto alla mafia, dopo quegli atti efferati, si intensificò fino a scardinare le posizioni di comando dell'organizzazione criminale.
Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commemorato la strage, pubblicando su X una foto di Falcone con la frase: “Gli uomini passano, le idee restano”, e scrivendo: “Il 23 maggio è la Giornata della Legalità, in memoria delle vittime della mafia. Ricordiamo Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, gli agenti della scorta e tutti coloro che hanno sacrificato la vita per difendere i valori della legalità. E con loro, ogni vittima caduta per mano mafiosa”.
La premier ha quindi promesso che “anche in loro nome, il governo è e sarà sempre in prima linea nella lotta contro ogni forma di criminalità. Senza tregua, senza compromessi. Non dimentichiamo”.
Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha ricordato che negli ultimi 40 anni c'è stata “una grande affermazione di giustizia”, ma ha messo in guardia sulle nuove modalità operative delle mafie: “Tende a sparare meno e a spargere meno sangue, ma non per questo è meno insidiosa”.
La criminalità organizzata, infatti, al giorno d’oggi “contamina le istituzioni pubbliche e le principali stazioni appaltanti”, ha spiegato il capo del Viminale, sottolineando che “è stata una trasformazione anche grazie a un’azione culturale, ma dobbiamo stare molto attenti alle espressioni moderne”.
Infatti, conclude Piantedosi, la mafia tende ancora “a inquinare i meccanismi della vita istituzionale: è un tema sensibile, lo andiamo a toccare quando sciogliamo i comuni per infiltrazioni”.