L’Oxford Companion informa che vi hanno fatto ricorso molti capi politici e militari, a cominciare almeno da Federico il Grande, nel XVII secolo. George W. Bush l’ha utilizzata nel 2003 convincendo il mondo a invadere l’Iraq per scovare e distruggere le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, che però non esistevano.

Col tempo gli esperti hanno inserito il concetto nei manuali di strategia bellica, dove però la sua spiegazione accademica si risolve in una serie di paradossi semantici, in quanto un’aggressione militare vi viene descritta come: “attacco difensivo in risposta ad un imminente attacco di un nemico, con l’obiettivo di neutralizzare la minaccia prima che venga attuata”.

Chi ha inventato l’espressione “attacco difensivo”, ha dimostrato una diabolica genialità linguistica, perché quelle due parole, messe l’una accanto all’altra, rendono possibile un salto logico, una vera capriola dell’intelligenza: chi attacca per primo si sta difendendo, chi subisce l’attacco è l’aggressore. Nella guerra preventiva il Paese che sferra l’attacco ne addossa la responsabilità al Paese aggredito, avendo dichiarato la necessità di difendersi da un’aggressione, che però, non essendo ancora avvenuta, non è davvero dimostrabile. I teorici della guerra preventiva sostengono addirittura che il Paese che subisce l’attacco non avrebbe diritto a difendersi, essendo responsabile dell’aggressione subìta. Della possibilità di risolvere la controversia in altro modo non si fa cenno in quei manuali, la guerra preventiva arriva quando la diplomazia ha fallito.

Di possibili attacchi preventivi per fermare la corsa al nucleare dell’Iran si è parlato per anni, ma stavolta è accaduto davvero: l’esercito israeliano ha scatenato l’inferno, appoggiato dalla superpotenza USA, che ha sganciato bombe di enorme potenza e straordinaria capacità di penetrazione, a caccia degli impianti di arricchimento dell’uranio. 

Il pretesto è stato fornito da un’incauta relazione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che riferiva di violazioni da parte dell’Iran degli accordi di non proliferazione nucleare. Troppo tardi il capo dell’Agenzia ha precisato che non vi è alcuna prova che Teheran abbia la tecnologia necessaria per assemblare un’arma atomica e che lo spazio per la trattativa era ancora aperto: i bombardieri israeliani, a quel punto, già rombavano sui cieli persiani.

Gli alleati di Israele, oltre a giustificare l’attacco, hanno anche raccomandato all’Iran “moderazione” nella risposta, per evitare una pericolosa escalation bellica, ricordando che in fondo era colpa loro se erano stati attaccati. Se lo erano andati a cercare, lo dicono chiaramente i manuali di strategia militare. I governanti di Teheran però non devono averli letti, perché la reazione è stata devastante: i missili sono piovuti su Israele bucando le difese antiaeree e provocando morte e distruzione. La risposta della Repubblica islamica ha sorpreso gli strateghi israeliani ed è probabilmente per questo che la nuova guerra è durata poco. Il cambio di regime a Teheran, che per qualche ora è stato vagheggiato come possibile esito di questa nuova avventura militare, non è più in programma.

Alcune analisi indipendenti suggeriscono che effettivamente l’obiettivo dell’Iran sia di dotarsi di uno scudo atomico, come ha fatto la Corea del Nord. È la logica aberrante della deterrenza nucleare: chi possieda anche una sola bomba nucleare entra nel club delle potenze atomiche e viene trattato diversamente, perché il suo potenziale di distruzione del nemico diviene troppo elevato per poterlo aggredire impunemente. Non è forse questo il motivo per cui la Corea del Nord non viene attaccata militarmente? Chi potrebbe mai accettare il rischio di una ritorsione nucleare su Seoul? A causa di queste disgraziate strategie le armi atomiche hanno continuato a proliferare anche dopo la fine della Guerra fredda che, secondo il politologo Francis Fukuyama, avrebbe dovuto rappresentare anche la “fine della storia” e portare al mondo un’era di pace e benessere mai visti prima.

Certamente non mi auguro che l’Iran dei Pasdaran riesca a dotarsi di armi atomiche, ma vedo le contraddizioni di chi è disposto a scatenare l’inferno per impedirlo. La breve guerra di cui siamo stati testimoni impotenti pone due grandi questioni. La prima riguarda la legalità delle azioni intraprese: se Israele e Stati Uniti possono aggredire una nazione sovrana sulla base di un pretesto, senza un mandato delle Nazioni Unite, come può il mondo occidentale democratico vantare una moralità maggiore di quella della Russia che ha aggredito l’Ucraina? 

La seconda riguarda il possesso stesso dell’arma atomica: su quale base logica due Paesi che posseggono arsenali nucleari possono decidere che l’Iran non solo non debba costruire la bomba ma nemmeno dotarsi di un programma per la produzione di energia nucleare a fini civili? A differenza dell’Iran, Israele non ha mai aderito al trattato di non proliferazione delle armi atomiche, rifiuta qualsiasi ispezione, ha costruito il suo arsenale nel segreto e ha incarcerato gli scienziati che ne hanno rivelato al mondo l’esistenza. Perché Tel Aviv può avere la bomba e Teheran no? Forse lo ha spiegato imprudentemente il cancelliere tedesco: Israele fa il lavoro sporco per noi.

È impossibile conoscere la portata dei danni o fare la conta dei morti di questo conflitto: le informazioni sono top secret su tutti i fronti, le “notizie” pura propaganda di guerra. Ma le vittime innocenti ci sono state, da una parte e dall’altra, questo è certo. A giochi fatti i leader dei tre Paesi, ciascuno a favore del proprio auditorio, hanno proclamato entusiasticamente il pieno conseguimento degli obiettivi strategici e l’annichilimento del nemico. Hanno vinto tutti.

Sarebbe ironico, se la morte di tanti innocenti non rendesse tutto questo tragico. Tornano in mente allora le parole del fondatore di Emergency, Gino Strada, che, avendo curato le carni straziate di tanti, sapeva bene che ogni bomba genera anzitutto dolore: “Solo dei cervelli poco sviluppati, nel terzo millennio, possono pensare alla guerra come a uno strumento accettabile per la risoluzione dei conflitti”. 

Come se avesse detto a Trump, Netanyahu e Khamenei e alle loro cricche che sono solo dei pericolosi irresponsabili, dei trogloditi guerrafondai che, se il mondo andasse per il verso giusto, non dovrebbero trovarsi alla guida delle rispettive nazioni.
stravagario.aladino@gmail.com