TEL AVIV - Benjamin Netanyahu procede con la sua contestata riforma della giustizia, che nel 2023 aveva suscitato la più massicce proteste di piazza nella storia di Israele, poi sospese dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre.
La Knesset ha approvato un disegno di legge che di fatto rafforza il controllo politico sulla nomina dei giudici, in quello che è ampiamente considerato un duro colpo all’indipendenza della magistratura. L’approvazione avviene in un momento di scontro aperto tra il premier e la Corte Suprema, che ha sospeso il licenziamento del capo dello Shin Bet Ronen Bar in attesa dell’esame dei ricorsi, mentre il governo ha avviato una procedura di sfiducia nei confronti della procuratrice generale dello Stato, Gali Baharav-Miara.
La legge, passata con 67 voti a favore e uno contrario per il boicottaggio dell’opposizione in Parlamento, modifica la composizione del Comitato per le nomine giudiziarie che attualmente conta 9 membri tra giudici, deputati e avvocati. Nel nuovo Comitato - che entrerà in vigore solo con la prossima legislatura, al più tardi nel 2026 - verrà ridotto il potere della Corte suprema, accusata dal ministro della Giustizia Yariv Levin di essersi “arrogata il potere di annullare le leggi”. Inoltre, verrà del tutto eliminata la componente dell’ordine degli avvocati, a favore dell’ingresso di membri del governo.
Contro la norma sono già stati presentati tre ricorsi: uno dal partito Yesh Atid di Yair Lapid e due da ong che vedono in questa mossa l’ennesimo passo di una deriva illiberale di Netanyahu. Anche gli altri leader di opposizione, Benny Gantz, Avigdor Lieberman e Yair Golan, hanno denunciato – in una dichiarazione congiunta – come l’unico obiettivo della legge sia “garantire che i giudici siano soggetti alla volontà dei politici” e si sono impegnati ad abrogarla con “un nuovo governo”.
“Questo - hanno sottolineato i tre - sta accadendo mentre 59 ostaggi sono ancora trattenuti a Gaza. Invece di concentrare tutti gli sforzi per riportarli a casa e sanare le divisioni nella nazione, questo governo si sta ancora una volta impegnando nella stessa legislazione che aveva diviso l’opinione pubblica prima del 7 ottobre”.
Per tentare di rilanciare i colloqui tra Israele e Hamas sugli ostaggi è intanto partita per il Qatar una delegazione di mediatori egiziani: le discussioni, ha fatto sapere la tv egiziana Al Qahera News, verteranno sul ripristino del cessate il fuoco a Gaza, lo scambio di prigionieri e l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia. L’Egitto ha quindi fatto sapere alla Reuters di vedere “segnali positivi” da parte di Israele - assente a Doha - sull’ultima proposta di mediazione, che prevede il rilascio di 5 ostaggi ogni settimana, mentre un funzionario palestinese ha parlato di “offerte migliori delle precedenti”.
Intanto l’Onu ha affermato che la ripresa dei raid israeliani su Gaza il 18 marzo ha causato finora 142mila sfollati e che gli aiuti alimentari disponibili basteranno appena per le prossime due settimane. Ma le operazioni delle Forze di difesa israeliane contro Hamas proseguono: in un attacco aereo nel nord della Striscia è stato ucciso il portavoce della fazione islamica, Abdul Latif al-Qanoua.