MELBOURNE – C’è un piccolo Stato situato ai piedi della catena himalaiana, confinante con Cina e India, dove si dice viva la popolazione più felice al mondo: il Bhutan. Con cime che arrivano fino a 7.500 metri di altezza, soprattutto nella zona più vicina al Tibet, la cultura di questa monarchia costituzionale è profondamente legata al buddhismo Mahayana, una corrente della religione che enfatizza l’aspetto della compassione universale e della possibilità di raggiungere l’illuminazione aperta a tutti.
Con il 70% del territorio coperto dalle foreste e una popolazione di neanche 800mila persone, il Bhutan è il primo - e l’unico - Paese al mondo a emissioni negative di carbonio, ovvero capace di eliminare più anidride carbonica di quanta non ne immetta nell’ambiente.
Ma le particolarità di questo piccolo regno non finiscono qui: in Bhutan, infatti, anziché misurare il Pil - Prodotto interno lordo -, si tiene sotto controllo la Fil - Felicità interna lorda -, un indicatore che calcola il livello di benessere e felicità della popolazione, tenendo conto di fattori come il reddito, la salute, l’istruzione, la sicurezza e l’ambiente. Un indice introdotto per la prima volta a inizio degli anni ‘70 da Jigme Singye Wangchuck, sovrano dell’epoca e padre dell’attuale regnante.
Come succede in Italia, la tradizione delle sagre, o festival (Tshechu nella lingua bhutanese), è molto sentita in Bhutan, dove se ne celebrano numerose durante il corso dell’anno in tutti gli angoli del Paese.
Tra le più importanti c’è quella che si svolge nella capitale, Thimphu. Un’occasione in cui, nel corso di tre giorni, tra musiche tipiche e danze in vestiti coloratissimi, si celebra la religione e le famiglie si ritrovano tutte insieme per i festeggiamenti. In questo contesto fatto di tradizioni, panorami mozzafiato e una cultura molto lontana da quella occidentale, cinque mesi fa si è inserita la famiglia Biesse che è arrivata a Paro - a 65 chilometri da Thimphu -, su un aereo guidato da uno dei 50 piloti al mondo autorizzati al decollo e all’atterraggio da quello che è considerato uno degli aeroporti più pericolosi al mondo.
Zara Biesse con sua sorella Amber, suo fratello Eli e i loro genitori ha così cominciato la sua avventura a Thimphu, con tanti dubbi e altrettante aspettative per questo nuovo capitolo della vita. Dopo aver lasciato Brisbane all’inizio dell’Anno 12, si è iscritta alla Cairns School of Distance Education per continuare i suoi studi e prepararsi all’esame di maturità mentre faceva il possibile per adattarsi al nuovo Paese.
“Mio padre è venuto qualche anno fa in viaggio in Bhutan e se n’è innamorato - ha raccontato Zara -. Così, insieme a mia mamma, hanno deciso di trasferire tutta la famiglia e aprire un’azienda tecnologica qui”. Una scelta che, dopo una prima fase di rifiuto, Zara e i suoi fratelli hanno accettato e che ora non rimpiangono in nessun modo. “Avevo un bel gruppo di amici a Brisbane, ovviamente non volevo partire. Poi stando qui ho cambiato idea e adesso sono grata di averlo fatto”, ha aggiunto.
Il processo di integrazione è lento e non sempre semplice, con la distanza culturale e linguistica che non giocano a favore. “Il cambiamento è difficile, anche perché io non avevo mai viaggiato in Asia, per cui non sapevo proprio cosa aspettarmi - ha spiegato Zara -. La cultura e anche l’etichetta sono diversissime, così come la lingua: qui si parla il Dzongkha - un dialetto tibetano (ndr). Impararlo non era nei miei piani iniziali, ma più faccio amicizia con i ragazzi locali e più ho voglia di studiarlo. Ho cominciato a capire alcune frasi stando con i miei amici”. Un percorso di apertura, comprensione e cambiamento quello che Zara ha abbracciato con sensibilità e consapevolezza.
“In questi mesi abbiamo imparato moltissimo, anche se è stato complicato. Facendo scuola a distanza mi mancano molto le interazioni sociali, ma un po’ alla volta mi sono fatta degli amici”. Attraverso lo sport, la pallacanestro, ha conosciuto un gruppo di coetanei che l’hanno presentata ad altre persone, aiutandola ad allargare la cerchia delle sue amicizie. “Mi piace la mia vita a Thimphu, è un posto molto pacifico, dove le persone sono accoglienti e tranquille. Ci fanno sentire a casa”.
E anche le abitudini non sono poi così differenti: “Con gli amici vado in città, ci troviamo nei cafè, giochiamo a pallacanestro e pallavolo, e poi non mancano mai le passeggiate”.
Per il futuro Zara prevede di tornare in Australia per iscriversi alla facoltà di giurisprudenza o per una doppia laurea in giurisprudenza e business, “ma non sono ancora pronta a lasciare il Bhutan - ha detto -. Penso che mi prenderò un po' di tempo per viaggiare dopo gli esami. Vorrei anche andare in Italia”.
Tra le materie d’esame, infatti, Zara studia l’italiano, “per seguire la lezione mi devo alzare alle quattro del mattino, ma visto che non ci sono molte altre occasioni per parlare italiano, cerco di fare questo sforzo”, ha ammesso. Per migliorare in vista dell’esame di lingua, la studentessa si esercita a chiacchierare con sua sorella, chiama i suoi amici in Queensland e ascolta la musica italiana.
Sebbene la sua famiglia non abbia origini italiane, l’aver frequentato il programma immersivo dall’Anno 7 al 9 al North Lakes State College le ha dato la certezza di voler continuare a studiare italiano per tutte le superiori, ma anche all’università. “Amo la lingua, ma anche la cultura e spero un giorno di andare là a studiare e vivere”, ha assicurato.
E chissà che, dopo aver superato le difficoltà iniziali di adattamento e dopo essersi lasciata conquistare dalla dolcezza della popolazione bhutanese, Zara non sia pronta per affrontare una nuova sfida. Intanto, suona il piano, compagno per molte ore della sua giornata, si gode il tempo con i fratelli e la sua famiglia e si impegna a coltivare nuove amicizie, sullo sfondo di un panorama mozzafiato seminato di templi buddisti arroccati sulle montagne o costruiti a strapiombo su un precipizio.