BUENOS AIRES – Cambierà davvero la legge sull’acquisizione della cittadinanza? Lo ius sanguinis (ossia la cittadinanza per discendenza) subirà limitazioni? Sono le domande che Il Globo ha rivolto ad Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio.

Sorride, Tajani, consapevole che in Argentina è il classico “tema caldo”. Sorride e non si tira indietro.

“Innanzitutto non è una posizione di tutto il governo ma del mio partito, Forza Italia – chiarisce –. La cittadinanza per me è una cosa seria, non la corsa al passaporto di un Paese di cui nemmeno si conosce la lingua. E soprattutto non deve essere una truffa”.

Il riferimento è alle reti di agenzie, soprattutto in Brasile, specializzate nella ricerca di finti antenati e che producono falsi certificati di nascita, risalenti a periodi talmente lontani da rendere difficilissime, per i funzionari del Consolato o dei Comuni, le indagini sull’autenticità.

“Una cosa è avere antenati autentici di cui essere orgogliosi, un’altra inventarsi antenati finti, inesistenti ­– afferma –. Ci sono piccoli Comuni italiani, con poco personale, che sono letteralmente ingolfati per questi accertamenti. E non possiamo accettare che si usi un passaporto o il diritto di voto sulla base di un falso”.

Per questo, la proposta di Forza Italia è mettere paletti all’albero genealogico, limitando la validità dello ius sanguinis fino al bisnonno. 

A provocare malumori e preoccupazioni nella comunità italoargentina è proprio questa possibilità di una restrizione dei criteri di accesso alla cittadinanza per ricostruzione genealogica, mentre il passaggio per discendenza diretta dai cittadini italiani all’estero ai propri figli non è in nessun modo messo in discussione.

Periodicamente vengono presentati al Parlamento progetti di legge per fissare un limite al riconoscimento della cittadinanza per discendenza e altri che intendono introdurre una forma di ius soli (che consiste nel dare la cittadinanza a chi nasce nel territorio di un certo Stato, come avviene in Argentina e Stati Uniti) per i figli di immigrati regolari nati in Italia.

L’anno scorso era stato il senatore Roberto Menia di Fratelli d’Italia, lo stesso partito di Giorgia Meloni, a presentare un disegno di legge che avrebbe ristretto i requisiti per ottenere la cittadinanza per ricostruzione genealogica, fissando un limite di tre generazioni, sempre con l’obiettivo di evitare le frodi con certificati di nascita contraffatti di cui diventa molto difficile, in quanto risalenti a due secoli fa, verificare l’autenticità.  

Forza Italia (il partito di Tajani) vorrebbe introdurre, al posto del discusso ius soli, un istituto definito impropriamente (perché non è previsto dal diritto romano) ius scholae, che permetterebbe di ottenere la cittadinananza a quei ragazzi stranieri che completano in Italia un ciclo di studi di 10 anni (in pratica primaria e secondaria). In questo modo si avrebbe la garanzia di naturalizzare giovani che parlano la lingua e hanno acquisito, grazie all’educazione, la cultura e il senso civico italiani e lo spirito della Costituzione.

L’ultima parola spetterà comunque al Parlamento.