“I tattoo mi piacciono da matti. Me ne sono già fatti tanti. L’ultima volta però ho avuto una brutta reazione allergica e il risultato non è stato quello che volevo”. “Mi ero fatta scrivere il nome del mio ragazzo sul braccio. Poi ci siamo lasciati. Purtroppo al mio nuovo compagno quel tatuaggio fa venire un nervoso tremendo e lo devo togliere”.

Oltre sette milioni di italiani, più del 13%, ha uno o più tatuaggi, di varie forme, dimensioni e colori. Perché lo fanno? Quali rischi corrono? Quali leggi tutelano i minorenni, che sono il gruppo più attivo nel richiederli e nel farli, anche all’insaputa dei genitori? Ho approfondito bene questo tema, perché la diffusione dei tatuaggi ha fatto emergere molti effetti collaterali e rischi a breve e lungo termine, che inquietano i medici più attenti, ma risultano quasi del tutto sconosciuti a chi si decora il corpo allegramente.

‘Tattoo’ deriva dalla parola tahitiana ‘ta-tau’, che significa “si ottiene picchiettando”. Esiste da più di 5mila anni, perché al disegno con coloranti sul corpo si attribuivano poteri terapeutici. Per esempio, sono stati trovati ben 61 tatuaggi sul corpo di Ötzi, l’uomo dell’età del rame (3300-3100 a.C.) ritrovato nel ghiacciaio del Similaun, sul confine italo-austriaco. Proibito da diverse religioni perché comporta una modifica irreversibile del corpo, è tornato in auge dagli anni Settanta in poi, con una crescita esponenziale nell’ultimo decennio.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità (Alberto Renzoni e collaboratori, 2018), in Italia il 96,7% delle persone lo fa come forma artistica decorativa (body art); il 3% come intervento cosmetico permanente o semipermanente; lo 0,3% come dermopigmentazione correttiva per ragioni mediche: per ridisegnare l’areola del capezzolo dopo mastectomia per tumore e inserimento di protesi; dopo una cicatrice, anche da labiopalatoschisi; per ridisegnare ciglia e sopracciglia; dopo chemioterapia, o per ridurre la visibilità di lesioni dermatologiche quali vitiligine e alopecia.

“Quali sono gli effetti collaterali?”, è la prima domanda che ogni paziente fa, anche quando si prescrivono farmaci a breve termine, con uso super-reversibile, perché basta sospenderli. All’opposto, quasi nessuno chiede quali rischi ci siano a farsi un tatuaggio, che è invece un atto di modifica permanente del proprio corpo e del proprio aspetto.

Sabato scorso, digitando “tattoo, side effects, risks” su PubMed, il principale motore di ricerca medica internazionale, compiono ben 3795 articoli scientifici su questo tema misconosciuto, di cui 348 pubblicati nell’ultimo anno, quasi uno al giorno. Le possibili complicanze sono di cinque tipi diversi: infiammatorie, tra cui gonfiore, reazioni allergiche e/o immunomediate, e malattie dermatologiche croniche nei soggetti predisposti; infettive, quando l’ambiente e le modalità in cui il tatuaggio viene effettuato non hanno standard igienici impeccabili, ed ecco il rischio di infezioni batteriche, fungine, virali e parassitarie; cosmetiche, fra cui cicatrici ipertrofiche e cheloidi, migrazione dei pigmenti, con alterazione del disegno che può risultare di aspetto diverso dall’atteso; varie, fra cui neurodermiti con dolore e prurito cronici, e reazioni allergiche tardive dopo l’esposizione al sole e perfino dopo l’esecuzione di una risonanza magnetica; tumorali, le più inquietanti.

Le complicanze oncologiche sono di due tipi: anzitutto il ritardo diagnostico, per tumori cutanei, tra cui melanoma e carcinomi spinocellulari e basocellulari, quando compaiono in aree tatuate, soprattutto se con coloranti scuri, per cui la persona riconosce più tardivamente una lesione della pelle che invece meriterebbe urgente attenzione medica; e, molto preoccupante, un possibile ruolo nella comparsa di linfomi maligni, con un aumento del 21% del rischio relativo nei soggetti tatuati, secondo uno studio nazionale svedese che va verificato su altre popolazioni (Christel Nielsen e collaboratori, eClinicalMedicine, maggio 2024). Tutto ciò perché alcuni componenti dei tatuaggi sono cancerogeni: fra questi, i metalli pesanti come titanio, bario, alluminio, rame, e contaminanti come antimonio, arsenico, cadmio, cromo, cobalto, piombo, nichel.

In sintesi, i rischi banalizzati dei tatuaggi includono reazioni dermatologiche avverse, ripensamenti sul soggetto prescelto (nel 24% delle persone tatuate), contaminazione da coloranti e inchiostri con sostanze tossiche e, non ultimo, un tatuatore inesperto o amatoriale. I rischi sono maggiori negli adolescenti rispetto agli adulti, per ragioni biologiche e psicoemotive, fra cui il crescente conformismo. E allora parliamone con figli e allievi, prendendo spunto anche dalla mia sintesi video (alessandragraziottin.it/FocusSalute). In positivo: la prossima settimana condivideremo la (disattesa) normativa che riguarda i minorenni e le attenzioni per farsi un tattoo, meglio se piccolo, con gusto e in massima sicurezza.

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