TEHERAN - L’attivista iraniana e Premio Nobel per la Pace 2023, Narges Mohammadi, è stata arrestata “con violenza” e versa in cattive condizioni di salute, tanto da essere stata “portata in ospedale due volte”. Lo denunciano gli attivisti della Fondazione Narges Mohammadi, citando fonti familiari.
L’arresto è avvenuto lo scorso 12 dicembre a Mashhad, nel nord-est dell’Iran, mentre l’attivista partecipava a una manifestazione per commemorare l’avvocato per i diritti umani Khosrow Alikordi, morto in circostanze ancora poco chiare una settimana prima.
Nonostante si trovasse in congedo per motivi di salute dal carcere di Evin a Teheran (dove stava scontando una condanna a oltre 13 anni per accuse legate alla sicurezza nazionale), Mohammadi è stata prelevata con brutalità.
La Fondazione Narges, gestita dalla sua famiglia, ha riferito in un post su X i dettagli di un colloquio telefonico avuto ieri sera. “Narges ha detto che l’intensità delle percosse subite era così forte, violenta e ripetuta che è stata portata al pronto soccorso due volte”. Al momento della chiamata, le sue condizioni fisiche erano precarie e Mohammadi “sembrava non stare bene”.
L’attivista, tra i più importanti difensori dei diritti umani in Iran, ha rivelato alla famiglia di essere stata informata di una gravissima accusa mossa dalle forze di sicurezza durante l’arresto: “Collaborazione con Israele”. La Premio Nobel ha denunciato di aver ricevuto anche minacce di morte da parte delle agenzie di intelligence iraniane.
Per questo motivo, ha chiesto al suo team legale di presentare una denuncia formale non solo contro l’organismo di sicurezza che l’ha arrestata, ma anche per il modo violento con cui è stato effettuato il fermo.
L’attivista aveva già denunciato in precedenza che, dopo il cessate il fuoco raggiunto a giugno con Israele, l’Iran aveva intensificato le azioni repressive nei confronti della società civile, colpendo in particolare attivisti, giornalisti e critici.
Mentre la situazione di Mohammadi si aggrava, un gruppo di attivisti iraniani, tra cui il celebre regista Jafar Panahi, ha lanciato un appello per la liberazione “immediata e incondizionata” della Premio Nobel e delle altre circa 40 persone arrestate venerdì scorso a Mashhad.
In una lettera pubblicata dalla fondazione, gli attivisti affermano che l’accaduto “è stata una dimostrazione coincisa della preoccupante situazione di libertà e sicurezza, nonchè dell’inefficienza e dell’irresponsabilità del governo iraniano di oggi”.