STRASBURGO - La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo ha emesso una sentenza su un caso che riguarda la cosiddetta “Terra dei fuochi”, in Campania.
La conclusione è che lo Stato italiano non ha fatto tutto quello che sarebbe stato necessario per proteggere il diritto alla vita degli abitanti della zona, e in particolare delle persone che hanno presentato il ricorso oggetto del verdetto (cinque associazioni e 41 individui).
Il caso riguarda lo scarico, l’interramento o la combustione di rifiuti, anche pericolosi, in terreni privati, spesso effettuati da gruppi criminali organizzati, nelle provincie di Caserta e Napoli (note come “Terra dei fuochi”, in riferimenti ai roghi illegali per bruciare rifiuti), dove vivono circa 2,9 milioni di persone. Nella zona sono stati registrati incrementi significativi di tassi di cancro nella popolazione e di inquinamento delle falde acquifere.
La Cedu ha stabilito, all’unanimità, che vi è stata da parte dell’Italia una violazione dell’articolo 2, il “diritto alla vita”, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Lo Stato, infatti, nonostante fosse a conoscenza della vicenda in questione da molti anni, non ha saputo gestire una situazione così grave con la diligenza e la rapidità richieste. Soprattutto, non ha saputo valutare il problema né impedirne il proseguimento, e neppure avvertire il pubblico interessato.
Sempre all’unanimità, applicando l’articolo 46 della Convenzione - riguardante la forza vincolante ed esecuzione delle sentenze - la Corte ha stabilito che l’Italia dovrà elaborare entro due anni una strategia globale per affrontare la situazione, istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e stabilire una piattaforma di informazione per il pubblico.