BOLOGNA – Sono tutti under 30, e tra loro anche un minorenne, i cinque destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Bologna in varie città italiane. Sono sospettati di aver dato vita a un’associazione terroristica d’ispirazione jihadista. Il gruppo era di ispirazione salafita in chiave takfirista - corrente particolarmente severa con gli altri musulmani considerati peccatori - ed era denominato Da’Wa Italia, ossia “chiamata alle armi Italia”.
Dalle indagini è emerso che nessuno dei cinque ragazzi proveniva da famiglie con particolari difficoltà economiche o disagio sociale, tutti erano ben inseriti nel tessuto sociale delle loro città - Bologna, Spoleto, Monfalcone e Milano - dove non frequentavano moschee o centri di preghiera.
Le indagini sono state particolarmente complesse, proprio perché i canali attraverso i quali questi giovani si formavano alla dottrina jihadista e comunicavano si trovavano solo in rete.
I pc e gli altri dispositivi sequestrati a casa dei giovani aiuteranno gli investigatori a capire quali connessioni avessero a livello italiano ed europeo con altri gruppi ideologicamente affini.
Per i carabinieri del Ros, la Procura di Bologna e la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, a capo dell’organizzazione c’era una ragazza di origine pakistana, residente a Bologna con la famiglia.
La giovane, come emerso dalle indagini, si era radicalizzata durante il Covid avvicinandosi sui canali social a contenuti inneggianti alla jihad, che poi aveva approfondito sempre online. Cittadina italiana come altri indagati, ha cercato anche di coinvolgere il fratello, ancora minorenne.
Oltre a loro, facevano parte del gruppo anche una giovane di Spoleto di origine algerina che, con la ragazza pakistana residente a Bologna, era considerata al vertice dell’organizzazione.
Il gruppo comprendeva inoltre un giovane di origine turca che abita a Monfalcone e oltre a un ragazzo di origine marocchina, cresciuto a Milano, che si è radicalizzato al punto da partire per unirsi alle milizie jihadiste Corno d’Africa. Tutti, ad eccezione di quest’ultimo, sono finiti in carcere.