Toni Servillo non si sente più Andreotti o più Jack Gambardella perché gli attori sono “vasi vuoti che si riempiono e si svuotano, non c’è un personaggio che resta come una stimmate”.
“Rifuggo completamente dalla retorica. Non sopporto – spiega Servillo – la domanda ‘come sei entrato dentro Pirandello?’ ‘cosa ti rimane?’.
C’è molta letteratura, molta leggenda. Noi attori cerchiamo di governare un tumulto. Questo mestiere consiste in riempirsi e svuotarsi, in perdersi e ritrovarsi. Quando esci da quel personaggio torni te stesso e il personaggio resta là. Io diffido degli attori che dicono ‘io sono Amleto’, esistono tanti Amleti quanti attori saranno stati in grado di comunicarcelo efficacemente”. Servillo spiega di avere con i personaggi “un rapporto iniziale di timidezza. L’autore crea qualcosa che si alza dal piano della realtà, poi la distanza iniziale poco alla volta si riduce”.
Marco Antonio Servillo nasce ad Afragola, in Campania, il 25 gennaio del 1959. Fratello di Peppe (leader della Piccola Orchestra Avion Travel), muove i primi passi nel campo della recitazione presso l’oratorio salesiano di Caserta ed esordisce a teatro nella pièce di Bertolt Brecht “Le visioni di Simone Machard”. Negli anni ‘70 si appassiona alla politica, partecipa alla contestazione studentesca ed è tra i fondatori del Teatro Studio casertano, attivo in Italia e in Europa fino al 1984.
Nel 1986 si avvicina al gruppo Falso Movimento e a Mario Martone, con il quale crea nel 1987 Teatri Uniti e che nel 1992 gli apre le porte del cinema dirigendolo (con Carlo Cecchi e Anna Bonaiuto) in “Morte di un matematico napoletano”. Con il regista Servillo collaborerà anche per “Rasoi”, “I vesuviani”, “Teatro di guerra” e per quel “Noi credevamo” che nel 2011 si aggiudicherà il David di Donatello per il miglior film.
Nel 2001 l’attore ha la fortuna di impersonare uno dei due protagonisti del lungometraggio d’esordio di Paolo Sorrentino “L’uomo in più”: lo spavaldo cantante di musica leggera Tony Pisapia. La sua interpretazione riscuote grande successo e, puntuale, arriva la nomination al David di Donatello nella categoria miglior attore protagonista. Anche Sorrentino è contento del risultato ottenuto e da quel momento Toni diventa il suo attore feticcio. I due uniscono di nuovo le forze nel 2004 per “Le conseguenze dell’amore” e nel 2008 per “Il divo”, nel quale l’attore si trasforma in un inquietante Giulio Andreotti conquistando lo European Film Award. Per entrambe le performance Servillo vince il David, e siccome i film vengono presentati a Cannes (dove il secondo ottiene il Premio della Giuria), sopraggiunge finalmente la notorietà mondiale. Sempre con Sorrentino Servillo farà, nel 2013, “La grande bellezza”, in cui ricoprirà magnificamente il ruolo dell’intellettuale e viveur romano Jep Gambardella, aggiudicandosi importantissimi riconoscimenti nazionali e internazionali.
Tornando all’inizio degli anni Duemila, oltre a “Luna Rossa” dobbiamo segnalare il primo film da regista di Andrea Molaioli “La ragazza del lago”, nel quale l’attore interpreta così bene un malinconico commissario incaricato di indagare sulla morte di una ragazza da strappare alla concorrenza il David di Donatello. Seguono “Lascia perdere, Johnny!” e soprattutto “Gomorra” di Matteo Garrone, in cui Servillo è un imprenditore che opera nel settore dello smaltimento dei rifiuti tossici: anche stavolta la sua interpretazione lascia il segno e l’Accademia del Cinema Italiano lo premia con il David, mentre la European Film Academy gli riserva lo European Film Award.
Il decennio successivo Toni lo comincia con un film libero e originale, “Gorbaciof”, per poi immergersi nel dramma familiare con “Una vita tranquilla” e tornare alla storia recente del nostro paese con “Il gioiellino”, che segna un nuovo sodalizio artistico con Molaioli e racconta la grave crisi finanziaria italiana degli ultimi tempi.
Sostanzialmente nuova, perché consente all’attore di cimentarsi nella comicità grottesca, è per Servillo l’esperienza di “E’ stato il figlio”, exploit di Daniele Ciprì senza Franco Maresco. Quasi contemporaneamente l’attore lavora con Marco Bellocchio in “Bella addormentata”. Interpreta quindi due fratelli gemelli in “Viva la libertà” di Roberto Andò, puntuale e insolito ritratto della scena politica italiana vista attraverso gli occhi di un uomo gentile e un po’ folle. Toni si farà nuovamente dirigere dal regista nel 2016 ne “Le confessioni”. Il prossimo film in cui vedremo Servillo, che è anche doppiatore e che continua con impegno e sacra devozione al teatro, è “Lasciati andare”, in cui ricoprirà il ruolo di uno psicanalista ebreo della scuola freudiana.
“Non avrei mai immaginato di fare del cinema - racconta - pur appartenendo a una generazione che ha coltivato entrambe le passioni, cinema e teatro. Io mi sono sempre considerato un uomo di teatro. Il cinema è arrivato piuttosto tardi, ma in una maniera molto bella, un’avventura umana molto importante. All’interno della nostra compagnia teatrale Martone ebbe l’idea di fare un film”.
Ai giovani che vogliono lavorare nel cinema suggerisce: “Non cercate qualcuno che vi piazza sul mercato, piazzatevi da soli, rompendo le scatole, impegnandovi con determinazione, ma non aspettando. Questo è un mestiere che si fa in modo gratuito, non è un lavoro con cui si guadagna,. sono cose che arrivano dopo molto tempo. Non è un impiego”.
Servillo ha raccontato che quando era piccolo la sua famiglia “molto allargata” aveva l’abitudine di sedersi la sera a guardare le commedie di Eduardo, “un rito familiare”: “Queste commedie spesso erano popolate di padri irresponsabili, famiglie schizzogene, madri sull’orlo di una crisi di nervi. Ricordo che una sera guardando con attenzione una di queste commedie mi sono guardato indietro e mi sono detto che alle spalle avevo gli stessi che vedevo in televisione”.