Non si è lasciata scorare dai cliché obsoleti, nel corso degli anni, dai pregiudizi di un settore professionale competitivo, in cui le donne non hanno quasi mai voce in capitolo e a cui viene molto spesso negata la possibilità di influenzare un prodotto o un programma.

Ha continuato a fidarsi delle proprie forze, a essere persistente, Michela Semeraro, ingegnera originaria di Roma, sempre pronta ad accettare nuove sfide, a confutare i numerosi preconcetti con estrema scrupolosità.

Dopo un brillante percorso di studi in ingegneria presso l’Università di Barcellona “per riuscire a prepararmi alla professione anche in un’altra lingua”, come racconta la professionista, ha dato inizio al suo percorso lavorativo con una tesi di Laurea presso il CERN (Conseil européen pour la recherche nucléaire), l’organizzazione europea per la ricerca nucleare, al confine tra Svizzera e Francia, alla periferia ovest della città di Ginevra.

Anche i genitori di Semeraro sono entrambi eccellenti ingegneri e fin da bambina l’hanno ispirata a intraprendere una carriera, sì, tortuosa, ma decisamente esaltante; sua madre, infatti, è stata la terza ingegnera nella storia a laurearsi all’Università di Roma ‘La Sapienza’.

“Ho visto in prima persona cosa significhi essere un ingegnere donna e le enormi difficoltà che comporta. Mia madre ha sofferto molto il maschilismo nel corso dei suoi studi universitari e, anche se in tempi diversi, sono stata anch’io discriminata all’università a Barcellona – ha raccontato –. Ho incontrato professori che mi hanno detto, ‘Non preoccuparti se non superi l’esame, tanto sei una donna’. Non solo ero l’unica studentessa arrivata al quinto anno nei tempi previsti dal percorso universitario, ma ero anche l’unica italiana; erano seccati dalla mia presenza”.

Nonostante le difficoltà di un percorso appena intrapreso, oggi Semeraro si guarda indietro ed è certa di amare ancora di più il suo impiego. Probabilmente sceglierebbe “un Paese più all’avanguardia in termini di parità di genere” dove andare a formarsi, ma ammette sia stata un’esperienza che ha forgiato profondamente la sua attitudine al lavoro.

Si è lasciata immediatamente abbracciare dal dinamismo della professione, poco dopo il conseguimento della laurea, ed è stata infatti subito assunta da un’azienda in Abruzzo per lavorare nella ricerca e per dar vita ai componenti di ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), l’impianto a fusione, con sede in Francia, di dimensioni paragonabili a quelle di una centrale elettrica convenzionale, e che ha l’obiettivo di dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica della fusione come fonte di energia: “Il mio sogno più grande sarebbe quello di lavorare proprio a questo progetto in futuro, perché credo che aprirebbe il mondo all’energia pulita”, ha raccontato l’ingegnera.

La collaborazione in Abruzzo dura poco; il CERN la assume con un contratto a tempo determinato dopo il brillante lavoro svolto durante la preparazione della tesi di laurea.

“Alla fine del nuovo percorso professionale, io e il mio compagno Alex, di origini francesi ma che ho conosciuto in Svizzera, abbiamo deciso di diventare genitori e siamo tornati in Italia; suo nonno era nato a Enna, in Sicilia – ha continuato –. Dopo un anno di maternità, ho ricominciato a cercare un impiego, ma in Europa le posizioni lavorative non mi soddisfacevano e in Italia stipendi equi erano quasi inesistenti. Mio fratello, che vive in Nuova Zelanda, mi ha consigliato di fare domanda in Australia, nonostante io non abbia mai approvato la sua scelta di andare così lontano, per me la famiglia e gli amici sono importantissimi. Eppure, quel consiglio ha stuzzicato il mio interesse e ho cominciato a cercare. Poco dopo, sono stata contattata dal governo australiano per lavorare all’ANSTO (Australian Nuclear Science and Technology Organisation) alla sede di Clayton, all’impianto di radiazione del sincrotrone, il più grande acceleratore di particelle nell’emisfero australe”.

Dopo mesi di continui scambi di email e contatti in videochiamata, Semeraro è stata invitata per un colloquio finale direttamente a Melbourne, lo scorso luglio 2019, viaggio completamente finanziato dal governo australiano. Il 29 novembre dello stesso anno, si è trasferita in Victoria insieme alla sua famiglia ed è oggi l’unica donna a ricoprire il ruolo di responsabile di linea per il progetto, a soli 31 anni.

“Sono entusiasta del mio ruolo e soddisfatta del mio percorso professionale – ha spiegato l’ingegnera –. Ho capito, anche se ancora giovanissima, che è importante tenere duro. Le donne ingegnere possono essere così efficienti per la loro capacità organizzativa e per il naturale multitasking; siamo ingegnere tutti giorni, già nell’analizzare e risolvere i problemi della vita familiare”.

Semeraro ammette che sua mamma resta il suo più grande modello e la sua più decisa ispirazione: “È una donna straordinaria e un’ingegnera eccezionale. Ha lavorato con mio padre e nel corso degli anni si è messa da parte per dover fare anche da mamma: il merito, la carriera, li ha lasciati a mio padre – ha raccontato Michela Semeraro –. Forse quello che apprezzo dell’Australia è la sua più completa accettazione dell’essere madre; qui non è un limite. Mia mamma è certamente arrivata a livelli altissimi, nonostante tutto, e credo sia soddisfatta del suo percorso, ma spero che le responsabilità familiari siano sempre più condivise tra uomo e donna e che quello che è successo a lei e a tante altre non debba più accadere”.