FIRENZE - La truffa alla onlus che gestisce il campanile fiorentino di Giotto, un vorticoso giro di fatture false e una montagna di denaro contante ‘made in China’. C’è tutto questo nell’inchiesta che ha portato al fermo di nove persone, una decima ancora è ricercata, accusate a vario titolo di falsa fatturazione, riciclaggio e autoriciclaggio con 21 perquisizioni effettuate dagli uomini della Squadra mobile della Questura.
Documentato un giro d’affari illecito di 30 milioni di euro movimentati nell’arco di un semestre. La base del gruppo era un appartamento a Milano, intestato a una donna di origini cinesi. Per gli inquirenti tra quelle mura c’era “un vero e proprio centro di stoccaggio del denaro contante” dove venivano ripagate cash le fatture false emesse da società cartiere. La percentuale per il servizio andava dal 2% al 7% a favore dei cittadini cinesi; un’ulteriore percentuale, pari al 2%, andava ai due intermediari italiani ritenuti gli elementi di spicco dell’indagine. Si tratta dei fratelli Bertoli di Telgate (Bergamo), Luca, 59 anni, e Daniele di 65. Con loro sono stati fermati Chunhui Hu, 44 anni, Shuzhen Hu, 71, Huihui Hong, 38, Weihong Xu, 31, Denison Hiluku, 35, Jacopo Antonioli, 33enne di Calcinate (BG), Abidemi Ouluwatosin Falana, 43 anni, e Antonino De Salvo, 56.
Al nome di Luca Bertoli è legata la truffa più clamorosa contestata dai pm. Quella all’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze, onlus che gestisce il complesso monumentale del Duomo, raggirata online per oltre un milione e mezzo di euro attraverso il meccanismo ‘man in the middle’, con cui gli autori, tuttora ignoti, che si sono inseriti nelle comunicazioni tra l’ente e i suoi interlocutori, riuscendo a dirottare su altri conti correnti il denaro versato per il restauro del Complesso Eugeniano del capoluogo reginale toscano.
“La Onlus era convinta di pagare i lavori quando invece stava accreditando il denaro su un conto corrente dell’organizzazione criminale” ha ricostruito il procuratore capo Francesco Prete.
Una volta ricevuti i fondi, le somme sono state rapidamente disperse tramite bonifici a catena verso altri conti, italiani e stranieri, riconducibili a Luca Bertoli e ad Antonio Di Salvo, con quest’ultimo che si era appoggiato ad un amico di Brescia. Lo stesso che il 27 agosto scorso è stato fermato dai carabinieri mentre si trovava nella filiale di una banca di Sarezzo (BS), per chiedere lo sblocco del conto corrente della sua società. “Mi ha proposto, a fronte di un compenso di 50.000 euro, di ricevere sul conto della mia società importi di denaro da una società di Firenze per trasferirli su conti correnti terzi dicendomi che quest’operazione doveva consentire a una società estera di De Salvo di acquistare dei terreni in Spagna. Non sapevo che il denaro fosse di provenienza illecita, ma ne avevo solo il sospetto”, ha fatto mettere a verbale.
Dalla truffa all’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze, denunciata dal direttore Fabrizio Lucchetti ad agosto scorso, gli inquirenti hanno scoperto il giro di fatture false, conti all’estero tra Cina, Lussemburgo, Polonia, Germania, Spagna, Lituania, Nigeria e Croazia e la montagna di denaro nero messo a disposizione da cittadini cinesi residenti in Italia. “La truffa all’Onlus è stato l’incipit da cui si è sviluppata l’intera indagine - ha aggiunto Prete -. Esponenti della comunità cinese stanno realizzando in Italia un sistema creditizio parallelo e abusivo, un dato confermato ormai da diverse indagini”. Le consegne di denaro avvenivano attraverso ‘spalloni’ con tanto di pin di riconoscimento. Come la 37enne di origini cinesi che a settembre è stata fermata al casello di Brescia centro con 200.000 euro in contanti in buste termosaldate sull’auto.
Secondo i pm Iacopo Berardi e Flavio Mastrototaro, che hanno firmato il fermo di indiziato di delitto nei confronti di nove persone, l’imprenditore Luca Bertoli era pronto a scappare dall’Italia: “Sto aspettando il 13 di pagarvi poi scappo, poi me ne vado” ha detto al telefono.