WASHINGTON - Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha lanciato un vero e proprio ultimatum, che ha definito il suo “ultimo avvertimento” ad Hamas, invitando il gruppo palestinese ad accettare un accordo per la liberazione degli ostaggi a Gaza.
“Gli israeliani hanno accettato le mie condizioni. È ora che anche Hamas le accetti”, ha scritto su Truth Social, aggiungendo: “Ho avvertito Hamas delle conseguenze se rifiuta. Questo è il mio ultimo avvertimento; non ce ne sarà un altro”.
Secondo la televisione israeliana N12, la proposta americana prevede che Hamas liberi tutti i 48 ostaggi ancora nelle sue mani il primo giorno della tregua, in cambio della scarcerazione di migliaia di detenuti palestinesi. L’intesa dovrebbe poi aprire a un negoziato più ampio per la fine della guerra. Un funzionario israeliano ha confermato che la proposta è allo studio del governo di Tel Aviv.
Hamas ha dichiarato di aver ricevuto alcune idee attraverso i mediatori e di essere pronta “a sedersi immediatamente al tavolo delle trattative”, chiedendo come condizioni la fine delle operazioni militari e il ritiro completo delle forze israeliane dalla Striscia. Una fonte citata dai media israeliani ha precisato che il movimento terrorista vorrebbe chiarire meglio il rapporto tra il numero di ostaggi da liberare e quello dei prigionieri da rilasciare.
Sul terreno, l’offensiva israeliana continua a concentrarsi su Gaza City, dove nelle ultime settimane sono stati colpiti diversi edifici alti. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha rivendicato la distruzione delle torri che, secondo l’esercito, sarebbero state utilizzate da Hamas per scopi militari. Hamas respinge le accuse e parla di “crimini di guerra” contro civili, mentre la protezione civile locale riferisce che almeno cinquanta palazzi sono stati rasi al suolo dall’inizio della nuova offensiva e altri cento danneggiati.
Nella notte tra sabato e domenica, secondo fonti mediche di Hamas, i bombardamenti hanno causato almeno 14 vittime, tra cui sfollati ospitati in una scuola-rifugio. L’esercito israeliano sostiene di aver colpito un obiettivo di Hamas, precisando che la popolazione era stata avvertita in anticipo.
Il conflitto si accompagna a una crisi umanitaria sempre più grave. Tom Fletcher, sottosegretario generale per gli affari umanitari delle Nazioni Unite, ha avvertito che resta una “finestra ristretta” fino a fine settembre per evitare la diffusione della carestia nelle zone centrali e meridionali della Striscia. L’agenzia israeliana COGAT ha comunicato di aver consentito l’ingresso di oltre 1.900 camion di aiuti in una settimana, la maggior parte con generi alimentari, ma le organizzazioni umanitarie denunciano che la distribuzione resta insufficiente.
La guerra è sempre meno popolare anche in Israele. Nel fine settimana decine di migliaia di manifestanti, insieme alle famiglie degli ostaggi, hanno partecipato a cortei chiedendo la fine delle ostilità e il ritorno dei prigionieri.
Intanto, la tensione si è estesa oltre i confini: un drone partito dallo Yemen e rivendicato dagli Houthi ha colpito l’aeroporto di Eilat-Ramon, provocando un ferito lieve e la chiusura temporanea dello scalo.
Mentre la diplomazia cerca un varco per fermare le ostilità, il prezzo umano del conflitto continua a crescere, con la popolazione civile intrappolata tra bombardamenti, fame e sfollamenti forzati.