WASHINGTON - Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha lanciato un grave monito: se non si giunge rapidamente a un accordo per porre fine al conflitto tra Ucraina e Russia, il rischio di un’escalation ulteriore è concreto, al punto da sfociare in una “terza guerra mondiale”.
Intervenendo nello Studio Ovale, Trump ha messo in luce la difficoltà dei negoziati sui territori, pur rivendicando la validità del piano iniziale elaborato dagli Stati Uniti: “Pensavo fossimo molto vicini ad un accordo con la Russia e pensavo fossimo vicini ad un accordo con l’Ucraina. Al di là del presidente Zelensky, la sua gente apprezza l’idea dell’accordo”.
Trump ha riconosciuto che la divisione dei territori “non è la cosa più semplice del mondo”, ma ha insistito sull’urgenza di un’intesa per fermare il massacro: “L’accordo fermerebbe l’uccisione di migliaia di persone ogni mese, soprattutto soldati. Lo scorso mese sono morte 25mila persone”
Il tycoon ha collegato il fallimento dei negoziati a un conflitto più ampio, un allarme che probabilmente ha lanciato anche nei recenti contatti con i leader europei: “Situazioni del genere sfociano in una Terza guerra mondiale, l’ho detto l’altro giorno: ‘Tutti continuano con questi giochetti, vi ritroverete nella terza guerra mondiale’. Non vogliamo che succeda”.
Riguardo al summit in programma nel weekend in Europa tra l’Ucraina e i suoi partner occidentali, Trump ha mantenuto la cautela: “Sabato c’è un meeting in Europa, vediamo se partecipare. Ci andremo se pensiamo ci sia una buona chance di arrivare a un’intesa”.
Nonostante le minacce, Trump ha chiarito il suo supporto futuro a Kiev. “Sono disposto ad aiutare e assistere l’Ucraina, poiché questo è un fattore necessario per l’attuazione di un accordo di pace. Aiuteremo Kiev con la sicurezza, perché penso che sia un fattore necessario affinché tutto funzioni bene”.
L’Ucraina ha inviato a Washington la propria versione aggiornata del piano di pace, mantenendo fermezza, ma mostrando anche flessibilità su alcuni aspetti territoriali. Il presidente Volodymyr Zelensky ha chiarito che Kiev non ha intenzione di abbandonare completamente il Donbass, ma prospetta l’ipotesi di un referendum per definire la situazione dei territori ambiti dalla Russia. Qualsiasi cessione di queste regioni dovrebbe essere ratificata tramite elezioni o referendum.
Secondo il quotidiano francese Le Monde, l’Ucraina sarebbe “pronta” ad accettare il compromesso che prevede concessioni territoriali, accettando la creazione di una zona demilitarizzata nel Donbass. Il negoziatore ucraino Mykhailo Podoliak ha dichiarato a Le Monde che questa zona richiederebbe il ritiro delle forze ucraine e russe su entrambi i lati della linea del fronte. Tale concessione, approvata dall’Europa, mira a porre fine a quasi quattro anni di guerra.
Zelensky ha definito la “discussione” con il team statunitense sulle garanzie di sicurezza come “costruttiva e approfondita,” aggiungendo che tali garanzie sono “tra gli elementi più critici per tutti i passi successivi”, soprattutto considerando la “esperienza negativa del Memorandum di Budapest”.
Mosca, nel frattempo, ha ribadito la sua linea dura, minimizzando l’impatto dei negoziati e le iniziative ucraine. Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che le forze armate russe hanno il pieno controllo dell’iniziativa strategica nel distretto militare settentrionale. Mosca rivendica, inoltre, la conquista di Seversk, località del Donetsk.
Yuri Ushakov, consigliere per la politica estera del Cremlino, ha liquidato l’idea di un referendum, dichiarando senza mezzi termini: “Il Donbass è territorio russo. Tutto il Donbass è russo. Un cessate il fuoco può verificarsi solo dopo il ritiro delle truppe ucraine”. Ushakov ha poi suggerito che, anche in una zona demilitarizzata, “ci sarà Rosgvardiya, la nostra polizia, ci sarà tutto ciò che è necessario per osservare l’ordine e l’organizzazione della vita”.
Ushakov ha anche comunicato che la Russia non ha ancora preso visione dell’ultima versione del piano elaborato con gli Usa e l’Europa, suggerendo che “molte cose potrebbero non piacerci”.
Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha respinto categoricamente qualsiasi richiesta di tregua, spiegando che se il referendum sulle questioni territoriali è un pretesto per chiedere un cessate il fuoco, “questo non funzionerà”. Mosca non intende considerare alcuna iniziativa che implichi un rallentamento delle operazioni militari.