Fa finta di niente, anzi ha addirittura cercato di prendere le distanze dall’editoriale del più importante giornale in lingua inglese cinese, il China Daily, ‘portavoce’ del regime, che, alla vigilia del vertice dei leader dei Paesi APEC a Lima, ha fatto i complimenti al capo di governo australiano per come ha saputo ricucire lo strappo con Pechino. Anthony Albanese è stato indicato come l’esempio da seguire, il leader che ha ‘capito’ e che ha saputo riprendere il dialogo nell’interesse sia dell’Australia che della Cina, senza farsi influenzare da pressioni esterne.
“Non sottoscrivo” quanto è stato detto, ha affermato il leader laburista, ma indubbiamente gli avrà fatto un gran piacere questo trattamento privilegiato in un momento in cui di positivo ha raccolto ben poco sul terreno di casa.
Plauso di Pechino, in programma bilaterale con Xi Jinping a Rio al vertice dei G20, lunga telefonata rassicurante, qualche giorno prima, con il neoeletto presidente Usa, Donald Trump che, il 20 gennaio, ritornerà ufficialmente alla Casa Bianca.
Buone sensazioni, insomma, sui palcoscenici internazionali sui quali Albanese ha sempre mostrato di sapersi muovere con una certa naturalezza e con regolare successo. Massima cordialità, in assenza del leader cinese che ha misteriosamente rinunciato di partecipare alla riunione dei leader dell’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation), di sabato scorso, e così non ha potuto ascoltare in diretta l’intervento del primo ministro sull’importanza di mantenere più libero possibile il commercio internazionale. Un intervento che rafforza la linea di pensiero sottolineata dal China Daily, con un primo ministro che cerca di agire un po’ in preventivo su quello che ci si aspetta succeda il prossimo anno, con il ritorno sulla scena globale del ‘protezionista’ Trump e i suoi ‘avvisi elettorali’ alla Cina e al mondo (dazi fino al 60% dei prodotti importati). Un tema questo che, senza mai essere stato sollevato direttamente, ha fatto da sfondo al vertice dove si è cercato in tutti i modi di sottolineare l’importanza di rafforzare la fiducia nell'apertura e nella cooperazione. Perché, come ha affermato Albanese nel suo intervento, ma anche negli incontri pre-vertice (servizio a pag.11), l’Asia-Pacifico può guidare lo sviluppo mondiale ma per farlo deve mantenere il ruolo che l’APEC, ha mantenuto negli ultimi trent’anni, puntando sugli interessi comuni del libero scambio e degli investimenti, sostenuti dalla pace e dalla stabilità di una regione che contribuisce per il 70% alla crescita economica mondiale.
Albanese a Lima, consapevole delle nuove sfide che l’attendono con Trump alla Casa Bianca - specie per ciò che riguarda il ruolo dell’Australia nella regione dell’Asia-Pacifico e le aspettative di Washington -, ha assicurato che l’alleanza con gli Stati Uniti è e sarà sempre fuori discussione, e che la relazione con gli USA è per forza di cose diversa da quella con la Cina, che ha un sistema politico e valori diversi. Per questo, ha continuato il primo ministro, “è nell'interesse nazionale dell'Australia supportare e continuare a collaborare con i nostri alleati negli Stati Uniti, ma come nazione commerciale, abbiamo un interesse nel libero mercato e nella creazione di posti di lavoro (uno su quattro australiani è impiegato nel settore dell’export), aumentando la prosperità dell'Australia attraverso l'impegno nella nostra regione, incluso il nostro principale partner commerciale, che è la Cina”.
Tutto abbastanza ovvio, tutto più facile da dire che da fare quando si arriverà al dunque, in caso che l’amministrazione Trump passi davvero ai fatti per ciò che riguarda una guerra commerciale con Pechino, che avrebbe inevitabili conseguenze (già calcolate, nel più drammatico dei casi, nell’ordine dei 30 miliardi e più) per l’Australia.
Da Lima. prima di partire per Rio, Albanese ha voluto lanciare un chiaro messaggio anche sull’azione contro il cambiamento climatico (il tema è trattato in questi giorni alla COP 29 in corso di svolgimento in Azerbaijan, ma sarà discusso anche al summit in Brasile): “La riduzione delle emissioni e l'adozione di energie pulite sono centrali per i paesi dell'Asia-Pacifico – ha detto il leader di governo - per costruire nuove fonti di crescita inclusiva e prosperità duratura". Il primo ministro ha utilizzato il suo ultimo discorso all'APEC per promuovere, una volta di più, l'Australia come futura “superpotenza dell'energia rinnovabile”. sottolineando che “il passaggio globale verso le emissioni zero rappresenta il più grande cambiamento economico dai tempi della rivoluzione industriale”.
“E proprio come tutti noi abbiamo un ruolo da svolgere nella riduzione delle emissioni e nel fronteggiare la sfida del cambiamento climatico – ha continuato -, tutti i nostri cittadini possono beneficiare delle opportunità offerte dall'energia pulita”.
“Il passaggio a un maggiore uso di solare, eolico e idrogeno verde è essenziale per affrontare la minaccia che il cambiamento climatico rappresenta per il nostro ambiente, i nostri agricoltori, le nostre foreste, i nostri oceani e fiumi e la sicurezza alimentare”, ha affermato Albanese.
Un intervento che, come nel caso dei timori del nuovo protezionismo americano, cerca di fare i conti in preventivo con le possibili novità che arriveranno nei prossimi mesi da Washington, con la grande scossa promessa anche nell’ambito ambientale da Trump, che ha promesso di ritirarsi per la seconda volta dall'Accordo di Parigi e dal Green Climate Fund, dopo che Joe Biden ha riportato gli Stati Uniti nell’orbita climatica delle Nazioni Unite.
Sui prossimi passi, in fatto di traguardi decarbonizzanti, dopo che il primo ministro britannico Keir Starmer ha annunciato che il suo governo si impegnerà a ridurre le emissioni dell'81% entro il 2035, Albanese è stato cauto riguardo ai nuovi obiettivi [per il 2035] della sua amministrazione, se otterrà una riconferma il prossimo anno, da annunciare, seguendo la rotta di Parigi, nel 2025, ma non necessariamente prima delle elezioni.
“Starmer è appena stato eletto e ha proposto un nuovo obiettivo. Quando siamo stati eletti, abbiamo proposto il nostro nuovo obiettivo, ed è il 43% entro il 2030," ha spiegato Albanese. “ E stiamo mantenendo i nostri impegni. L’obiettivo è stato legiferato. Il 2030 viene prima del 2035 e siamo molto concentrati sulla sua realizzazione e siamo sulla buona strada per raggiungerlo”.
Il vertice del G20 includerà un focus sul cambiamento climatico con il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva che spinge (come sta già succedendo al concomitante vertice ONU di Baku) per un obiettivo globale di finanziamento a sostegno dei paesi in via di sviluppo. Albanese, al riguardo, ha detto che l'Australia vuole sicuramente appoggiare la spinta planetaria con tutte le iniziative e i sacrifici necessari. Il primo ministro ha anche ribadito le ambizioni del suo governo e del Paese che vuole “usare la sua abbondanza di energia accessibile e affidabile per alimentare una nuova generazione di posti di lavoro qualificati e manifattura avanzata a casa”, ma vuole anche diventare un “fornitore globale affidabile di energia, un esportatore di energia pulita per le economie in crescita della regione” consentendo loro “di trovare l'equilibrio vitale tra realizzare i benefici dell'industrializzazione e soddisfare le esigenze della decarbonizzazione”.
“Più possiamo ridurre la nostra dipendenza da fonti fossili, più forti saranno le nostre economie – ha detto ancora Albanese -. Agire contro il cambiamento climatico e adottare l'energia pulita è sia la sfida più significativa che la più grande opportunità per tutti i nostri cittadini”.