WASHINGTON - L’annuncio di una nuova classe di navi da guerra, l’avvertimento finale a Nicolás Maduro, lo stato dei negoziati tra Mosca e Kiev e l’imperativo di acquisire la Groenlandia: Donald Trump si è mostrato in una veste estremamente muscolare durante l’ultima conferenza stampa a Mar-a-Lago. Affiancato dai segretari Pete Hegseth (Difesa), Marco Rubio (Stato) e John Phelan (Marina), il Presidente ha delineato una strategia di potenza che punta a ridefinire gli equilibri globali. 

La novità più eclatante è l’approvazione del piano per la nuova generazione di navi da guerra della Marina statunitense, destinate a sostituire una flotta definita dal Presidente “vecchia e obsoleta”. 

Queste navi costituiranno il fulcro di quella che Trump chiama la Golden Fleet. La prima delle corazzate di questa classe si chiamerà USS Defiant. Inizialmente ne verranno costruite due (pronte in circa due anni e mezzo), con l’obiettivo finale di raggiungere le 20-25 unità. 

Trump ha descritto queste imbarcazioni (che peseranno tra le 30.000 e le 40.000 tonnellate) come “100 volte più potenti” di qualsiasi altra nave esistente. Oltre a laser sofisticati, armi ipersoniche e missili nucleari da crociera, il presidente ha sottolineato il suo tocco personale: “La Marina guiderà la progettazione insieme a me, perché sono una persona molto attenta all’estetica”. 

Sul fronte sudamericano, i toni si sono fatti durissimi. Trump ha confermato che gli Stati Uniti tratterranno sia le petroliere sanzionate sia il greggio sequestrato nei giorni scorsi. “Terremo il petrolio e forse lo useremo per le riserve strategiche”, ha dichiarato il tycoon. 

Definendo la sua flotta come “un’armata enorme”, Trump ha ribadito che sarebbe “intelligente” per Maduro dimettersi, aggiungendo una minaccia velata: “Se gioca duro, sarà l’ultima volta che potrà farlo”. 

La replica di Maduro non si è fatta attendere. Da Caracas, il leader venezuelano ha accusato Trump di “pirateria navale” e di dedicare il 70% del suo tempo al Venezuela invece di occuparsi dei problemi interni degli Usa. Maduro ha tuttavia descritto il sequestro del petrolio come una “prova divina” necessaria per spingere il Paese verso la piena indipendenza economica. 

Oltre alla potenza navale e alle tensioni con Caracas, l’agenda di Trump ha toccato nodi geopolitici e mediatici altrettanto scottanti. Sul fronte della sicurezza nazionale, il presidente ha ribadito con forza l’imperativo strategico di acquisire la Groenlandia, ufficializzando la nomina di Jeff Landry come inviato speciale per la missione. “Dobbiamo averla, ne abbiamo bisogno per la protezione del Paese, non per i minerali”, ha dichiarato, liquidando con una battuta le storiche rivendicazioni di Copenaghen: “Dicono che la Danimarca fosse lì trecento anni fa con una barca? Beh, sono sicuro che anche noi c’eravamo con le nostre”. 

Spostando lo sguardo verso l’Europa, Trump ha mostrato un cauto ottimismo sul conflitto in Ucraina, nonostante abbia ammesso l’esistenza di un “odio profondo” che divide Zelensky e Putin. “Le trattative stanno procedendo bene”, ha assicurato, sottolineando come ormai, su entrambi i fronti, regni la stanchezza per una guerra che dura da troppo tempo. 

Infine, il tycoon ha affrontato il polverone sollevato dalla recente declassificazione dei file Epstein. Trump ha tentato di smorzare le polemiche, definendo il caso una manovra per distogliere l’attenzione dai successi della sua amministrazione. Non ha però nascosto il fastidio per il coinvolgimento di alcuni nomi eccellenti, tra cui l’ex presidente Bill Clinton: “Tutti erano amici di questo tizio, era ovunque. Larry Summers, Bill Clinton... erano tutti collegati in qualche modo”. Incalzato dai giornalisti, ha poi ribadito con fermezza la sua estraneità ai fatti più gravi, negando categoricamente di aver mai messo piede sull’isola privata del finanziere.