WASHINGTON - A poco più di un mese dalle presidenziali e dopo la sconfitta, non ancora riconosciuta, Donald Trump si rituffa nei comizi.
Nell’ultimo fine settimana era a Valdosta, in Georgia, perché nello stato sudorientale americano il 5 gennaio si vota per eleggere i due senatori statali con un ballottaggio. Sono due seggi determinanti per il controllo del Senato statunitense. “Lo sapete, ho vinto la Georgia”, ha detto davanti ad una folla di fan a Valdosta. “E vinceremo queste elezioni”, ha aggiunto. “Vogliono convincerci che abbiamo perso ma non abbiamo perso”, ha detto continuando a denunciare elezioni fraudolente.
Con le elezioni presidenziali di novembre si è votato anche per il rinnovo delle cariche senatoriali in molti Stati, i democratici ne hanno conquistato uno rispetto a prima e sono saliti a 48 contro i 50 repubblicani.
Se la Georgia confermasse il voto presidenziale (almeno così sperano i dem) il numero dei senatori sarebbe in pareggio e diventerebbe determinante il voto del presidente del Senato, statutoriamente il vicepresidente degli Stati Uniti, ora la vicepresidente Kamala Harris. Se le cose andranno diversamente, il controllo del Senato resterebbe in mano repubblicana.
Questo complicherebbe molto ogni tentativo dell’amministrazione Biden di modificare le scelte di Trump o di promuovere riforme sgradite al “Grand old party”. I sondaggi, per quello che valgono, stanno dando soddisfazione ai repubblicani. Ne è ben consapevole Mitch McConnell, capo dei repubblicani al Senato: nel caso di anche un solo seggio conquistato in Georgia, diventerebbe automaticamente l’anti-Biden, ancora piu di quanto potrebbe restarlo Trump.
Il presidente uscente si è nuovamente scagliato contro il governatore della Georgia, Brian Kemp, come contro quello dell’Arizona, Doug Ducey, accusandoli di remare contro il loro stesso partito perché hanno certificato la vittoria di Biden alle presidenziali. Tra Ducey e Kemp “il partito democratico non potrebbe essere più felice - aveva twittato Trump -. Se fossero con noi avremmo già vinto sia l’Arizona e sia la Georgia”.
Trump aveva tentato ancora una volta di ribaltare il risultato del voto facendo pressioni sul governatore dello Stato, il repubblicano Kemp. Secondo quanto riportato dal Washington Post, Trump ha chiamato Kemp per chiedergli di convocare una speciale seduta del parlamento della Georgia per ribaltare il verdetto dell’urna che ha attribuito lo Stato a Biden, ma il governatore avrebbe respinto la richiesta.
Trump ha continuato a sostenere, contro ogni evidenza, che l’elezione sia stata rubata e ha anche rincarato la dose: “I dem proveranno a truccare anche i ballottaggi per gli ultimi due seggi al Senato”. Alcuni repubblicani temono che queste sue accuse proprio in Georgia possano rivelarsi un boomberang, scoraggiando l’affluenza degli elettori repubblicani al ballottaggio.
Purtroppo per Trump, proprio mentre parlava ai suoi sostenitori, Biden ha superato ufficialmente la fatidica soglia dei 270 grandi elettori necessaria per aggiudicarsi la Casa Bianca. Il segretario di Stato della California, Alez Padilla, ha formalmente attributo i 55 grandi elettori dello Stato allo sfidante democratico che ha così raggiunto quota 288.
I grandi elettori si incontreranno il prossimo 14 dicembre per votare ed eleggere il nuovo presidente degli Stati Uniti.