WASHINGTON D.C. – La scure dei dazi di Donald Trump si abbatte su Canada, Messico e Cina. Scattano infatti, a meno di ripensamenti dell’ultima ora, le tariffe che il presidente americano minaccia da settimane contro tre dei suoi maggiori partner commerciali. Colpevoli, a suo avviso, di non aver fatto abbastanza per fermare il flusso di fentanyl e migranti verso gli Usa.

Dal 2 aprile, invece, il Presidente ha annunciato di voler colpire anche i prodotti agricoli. Sul suo social, Truth, il Presidente ha avvisato i “grandi agricoltori americani” di prepararsi a un aumento della domanda dei loro prodotti, per i quali non scatterà alcuna nuova tassa. Trump non ha offerto dettagli sui settori che saranno colpiti o se ci saranno delle eccezioni.

Non è neanche chiaro se rientrano nei dazi reciproci che intende imporre a tutti i partner commerciali, Ue compresa. Mentre le trattative dietro le quinte continuano per scongiurare le tariffe, Ottawa e Città del Messico sperano in un ripensamento in extremis che eviti l’entrata in vigore di tariffe al 25%.

In effetti, il segretario al Commercio americano Howard Lutnick. in un’intervista a Fox Business, ha rivelato che Donald Trump potrebbe annunciare, nelle prossime ore, “un compromesso” sui dazi contro Canada e Messico. Lutnick ha detto di ritenere che il presidente americano “cercherà una soluzione” con Messico e Canada. “Il risultato probabilmente sarà da qualche parte nel mezzo”, ha aggiunto.

Nel suo discorso di fronte al Congresso, Trump ha confermato  che le aziende che scelgono di non produrre i loro prodotti in America “pagheranno un dazio, e in alcuni casi, anche piuttosto elevato”, ha detto Trump.

Le azioni reciproche contro i Paesi che impongono dazi e barriere sulle importazioni dagli Stati Uniti, come detto, entreranno in vigore il 2 aprile. “Volevo fissarlo per il 1° aprile, ma non volevo essere accusato di farlo nel giorno del pesce d’aprile”, ha detto Trump. “Ma lo faremo in aprile. Sono una persona molto superstiziosa.”

Riassumendo la sua piattaforma, ha aggiunto: “Qualsiasi dazio che ci impongono gli altri paesi, lo imporremo anche noi a loro. Secondo il principio di reciprocità”.

Il presidente ha riconosciuto che i nuovi tributi sulle importazioni da Canada e Messico causeranno un “leggero fastidio” a breve termine, ma ha aggiunto che ne varrà la pena. “I dazi servono a rendere l’America di nuovo ricca e a renderla di nuovo grande”, ha detto Trump. “Sta succedendo, e succederà piuttosto in fretta. Con qualche leggero fastidio, ma va bene così”.

Nel frattempo, però, i dazi di Donald Trump stanno spaventando i mercati, preoccupati dallo spettro di una guerra commerciale a tutto campo. Le piazze finanziare del Vecchio Continente hanno chiuso tutte in rosso e bruciato 367 miliardi di capitalizzazione, con Milano che ha archiviato la seduta in calo del 3,41%.

Pesante anche Wall Street, dove lo S&P 500 ha visto andare in fumo i guadagni realizzati dall’elezione di Donald Trump, per un totale di 3.400 miliardi di dollari. Il timore degli investitori è quello di una stagflazione negli Stati Uniti, un mix di bassa crescita e alta inflazione di cui le tariffe sarebbero le principali responsabili. Un quadro preoccupante che richiederebbe un intervento deciso della Fed con fino a tre tagli di tassi di interesse da un quarto di punto nel 2025. Uno scenario dalle conseguenze a livello globale mentre la crescita dell’Europa è già lenta e sull’economia cinese incombono pesanti nubi.

Denunciando tariffe ingiustificate e annunciando contromosse, con tariffe di ritorsione, Ottawa e Pechino, che si sono viste imporre tariffe, rispettivamente, del 25 per cento e del 20 per cento, hanno assicurato che si batteranno fino in fondo e non si tireranno indietro dallo scontro. 

La Cina ha risposto annunciando rialzi tra il 10 e il 15 per cento dei dazi sull’import di una gamma di prodotti agroalimentari statunitensi e sottoponendo 25 aziende Usa a restrizioni su export e investimenti, inserendole nella lista nera del commercio. Con le dogane che hanno anche sospeso l’import di legname americano: ‘Contiene parassiti forestali’, la motivazione ufficiale che suona come strumentale. “Se gli Stati Uniti persistono nel condurre una guerra tariffaria, una guerra commerciale o qualsiasi altro tipo di guerra, combatteremo fino in fondo”, ha tuonato il portavoce del ministero degli Esteri, Lin Jian.

Durissimo anche il botta e risposta con il premier canadese. “Gli Stati Uniti ci hanno lanciato una guerra commerciale [in cui] non ci sono vincitori”, ha detto il premier Justin Trudeau, condannando dazi “ingiustificati”, sotto il “falso” pretesto del fentanyl. “Vuole distruggere l’economia canadese e annettere il Canada. Ma non saremo mai il 51esimo Stato americano”. Su Truth la replica del tycoon: “Per favore spiegate al governatore Trudeau che, se decide dazi di ritorsione contro gli Usa, le nostre tariffe reciproche aumenteranno immediatamente dello stesso ammontare”, ha scritto Trump.

Il Messico non ha ancora risposto ufficialmente ai dazi al 25 per cento di Trump: lo farà domenica, ha detto la presidente Claudia Sheinbaum sperando in un miracolo nel colloquio, in programma oggi, con il magnate. Un compito non facile: il presidente Usa vuole che le case automobilistiche a stelle e strisce che producono in Messico tornino negli Stati Uniti. Se non lo faranno dovranno pagare dazi e veder salire, secondo le stime, i prezzi delle proprie auto sul mercato americano fino a 3000 dollari. E le pressioni in Borsa su Stellantis, Ford e General Motors - tutte in forte calo - sono un chiaro indicatore dei timori per il settore.

I dazi al 25 per cento renderebbero ancora più costose le vetture negli Stati Uniti, i cui prezzi sono già elevati dopo l’impennata registrata durante la pandemia. Dal 2019, infatti, il costo medio di circa 44.000 dollari è aumentato del 25 per cento. Gli aumenti delle tariffe doganali su Canada e Messico comporterebbero un incremento medio dei costi di 3.125 dollari per veicolo, in base a un’analisi di JP Morgan riportata dal Wall Street Journal.

Non è ancora chiaro, tuttavia, secondo il Wsj, quale quota di quei costi aggiuntivi verrebbe assorbita dalle case automobilistiche e dai loro fornitori. Ancora da chiarire, inoltre, è se l’amministrazione prevederà delle esenzioni per le vetture che sono conformi con l’accordo di libero scambio Usa-Messico-Canada (Usmca) voluto dallo stesso Trump.

L’Europa, che presto potrebbe finire nel mirino di Trump con i dazi reciproci attesi il 2 aprile, quelli sulle auto e sull’agroalimentare, lancia l’allarme: “Le tariffe sono un rischio per il commercio globale, e gli Stati Uniti - ha messo in evidenza il portavoce della Commissione europea, Olof Gill - [dovrebbero rivedere il loro approccio e] adoperarsi su una soluzione cooperativa basata sulle regole che avvantaggi tutte le parti”.