WASHINGTON - Un lungo profilo pubblicato da Vanity Fair ha scatenato un terremoto politico a Washington. Protagonista è Susie Wiles, capo dello staff della Casa Bianca e architetto della vittoria elettorale di Donald Trump, le cui confidenze alla rivista hanno dipinto un ritratto inedito e controverso del presidente e della sua cerchia ristretta.
Il passaggio che ha generato più scalpore riguarda il profilo psicologico che Wiles avrebbe tracciato di Trump. Nonostante il presidente sia notoriamente astemio, il capo dello staff ha descritto la sua come la “personalità di un alcolista” e spiega: “Agisce con l’idea che non ci sia nulla che non possa fare. Nulla, zero, niente”.
Wiles ha spiegato di considerarsi “esperta” del tema, avendo vissuto da vicino i gravi problemi di dipendenza del padre, celebre giocatore di football. Secondo la ricostruzione, Trump citerebbe spesso l’ipotesi di una ricandidatura nel 2028 non per reale intenzione, ma perché l’idea “lo diverte e fa impazzire le persone”.
L’articolo non risparmia critiche ai pesi massimi dell’amministrazione. Wiles avrebbe definito la “conversione” di Vance (da critico a fedelissimo di Trump) come una mossa “un po’ più politica” rispetto a quella del Segretario di Stato Marco Rubio, descritta invece come sincera. Avrebbe inoltre etichettato il vicepresidente come un “teorico della cospirazione”.
Il procuratore generale, Pam Bondi, viene criticata per la gestione passata del caso Jeffrey Epstein, accusata di aver sottovalutato l’interesse pubblico della vicenda.
Dopo la pubblicazione, Susie Wiles è corsa ai ripari denunciando su X un “articolo accusatorio presentato in modo disonesto”, mirato a creare un’immagine caotica del governo. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha rincarato la dose: “È un altro esempio di giornalismo scorretto. Le parole sono state estrapolate dal loro contesto. Donald Trump non ha un consigliere più formidabile e leale di Susie”.
Anche J.D. Vance, nonostante le indiscrezioni non lusinghiere, ha difeso pubblicamente Wiles durante un comizio in Pennsylvania, dichiarando di non averla mai vista essere sleale e minimizzando i loro “disaccordi” come normali dinamiche di lavoro.
Nonostante il polverone, la posizione di Wiles appare solida. Viene descritta come l’unica figura capace di gestire l’impeto di Trump e di tradurre il suo programma in azioni concrete. Tuttavia, l’articolo di Vanity Fair mette a nudo le rivalità interne per la successione al 2028, con Vance e Rubio già presentati come sfidanti in una corsa silenziosa.