Fiorella con il corpo da guerriera e il viso da eroina di un romanzo fantasy. Fiorella che accetta di farsi intervistare sulla soglia del camerino, 15 minuti prima di entrare in scena. Fiorella che poi ti ringrazia pure. Fiorella che dal palco fa cantare tutto il teatro Coliseo di Buenos Aires, dove si è esibita il 3 giugno, in occasione della Festa della Repubblica.

La prima volta in Argentina di Fiorella Mannoia si è trasformata in un trionfo. Accompagnata da una formazione ridotta della sua band – un pianista e due chitarristi, tra cui il suo compagno Carlo Di Francesco, sposato nel 2021 dopo una lunga relazione – l’artista ha aperto il concerto con I dubbi dell’amore e l’ha chiuso con l’allegria de I cieli d’Irlanda, scendendo in platea e facendo ballare tutto il teatro.

Il repertorio ha incluso anche altri successi storici: Come si cambia, Combattente e Sally, scritta da Vasco Rossi, alla quale Mannoia riesce a dare tutta l’intensità e i colori necessari a raccontare “una donna che non ha più voglia di fare la guerra”, che “cammina per strada, leggera” perché ha capito che, al di là degli errori e delle cadute, la vita non è mai “tutta persa”, che “forse qualcosa si è salvato, forse non è stato poi tutto sbagliato”.

Ha ricordato con tenerezza il suo esordio, a Sanremo 1981, con Caffè nero bollente, look rockettaro e faccia arrabbiata, ma ha anche interpretato due canzoni di Lucio Dalla (“che mi manca tantissimo”) scegliendole tra le meno note all’estero. Avrebbe potuto andare sul sicuro con Caruso, fatta diventare un successo internazionale da Luciano Pavarotti. Invece ha cantato La casa in riva al mare, malinconica riflessione sul carcere e sul senso della pena, e Cara, lettera d’amore di un uomo maturo diretta a una ragazza di cui si è innamorato o forse alla sua anima rimasta giovane mentre il corpo è invecchiato.

“Voglio fare conoscere al pubblico argentino altri autori, le canzoni che hanno accompagnato la mia vita – ci aveva rivelato poco prima di salire sul palco –. Proprio perché sono venuta in un altro paese, ci tengo che vengano ascoltate canzoni che hanno costituito la nostra educazione sentimentale e musicale, la nostra storia, quella della nostra generazione”.

Lucio Dalla, dunque, ma anche Oh, che sarà, cover del 1989 di Ivano Fossati di un successo del musicista brasiliano Chico Buarque, con cui Mannoia ha cantato e collaborato in passato. E in omaggio all’America Latina ha cantato in spagnolo Besame mucho e Quizás, quizás, quizás, mostrando anche un suo aspetto sexy e giocoso.

Il momento più intenso è stato forse l’interpretazione di Quello che le donne non dicono, scritta per lei da Enrico Ruggeri e presentata a Sanremo 1987, grazie alla quale vinse il Premio della Critica. Come sono cambiate da allora – le abbiamo chiesto – le donne protagoniste delle sue storie? Continuano a non dire o semplicemente non vengono ascoltate?

“Le donne cambiano, sono gli uomini che non cambiano” risponde Fiorella, citando il titolo di un successo di Mia Martini. Impegnata in prima linea contro la violenza di genere, continua: “Dobbiamo lavorare tanto, e lo dico qui, nel paese dove è nato il movimento contro il femminicidio Ni una menos. Dobbiamo credere nella sorellanza, mentre purtroppo, spesso, tra le donne manca la solidarietà”.

Finiti gli impegni professionali, l’artista si sta godendo qualche giorno di vacanza in Argentina. “Ho frequentato il Brasile e Cuba, ma tutti i miei amici che conoscono Buenos Aires insistevano da anni perché venissi qui, sicuri che mi sarebbe piaciuta. Non avevo dubbi. Vado sempre a Sud”.