KIEV - Il fronte diplomatico per porre fine alla guerra in Ucraina vive ore di estrema tensione. Mentre gli inviati statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner mediano a Berlino, il Cremlino chiude la porta a soluzioni temporanee e ribadisce i propri “paletti” invalicabili.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha respinto la proposta di una tregua natalizia avanzata dal Cancelliere tedesco Friedrich Merz e sostenuta da Kiev. “Vogliamo la pace, non una tregua che dia sollievo agli ucraini e permetta loro di prepararsi a continuare la guerra”, ha dichiarato Peskov.
Secondo Mosca, un cessate il fuoco ha senso solo se inserito in un accordo definitivo e duraturo. Il portavoce ha inoltre smentito recenti contatti telefonici tra Putin e Trump, precisando che l’ultima conversazione ufficiale risale al 16 ottobre.
Al centro dei colloqui tra la delegazione ucraina e gli inviati di Donald Trump ci sarebbe una proposta radicale: la cessione dell’intera regione del Donbass. Il piano prevederebbe il ritiro delle truppe ucraine dalle aree ancora controllate (comprese città chiave come Sloviansk e Kramatorsk) per trasformarle in una zona demilitarizzata e in una “zona economica libera”.
La reazione di Volodymyr Zelensky è stata netta: “La posizione russa non è cambiata: vogliono il nostro Donbass. E noi non vogliamo cederlo. Né de jure né de facto riconosceremo il Donbass come russo”.
Zelensky, inoltre, ha confermato che non esiste ancora un consenso con gli Usa su questo punto, sottolineando che una “zona economica libera” non implicherebbe la guida della Federazione Russa.
Parallelamente alle questioni territoriali, Mosca ha inviato un avvertimento durissimo riguardo alla proposta europea di una forza multinazionale di pace. Il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov è stato categorico: “Non accetteremo mai alcuna presenza di truppe Nato sul territorio ucraino, nemmeno come parte di garanzie di sicurezza o fuori dalla cornice dell’Alleanza”.
Nonostante questa chiusura, Ryabkov ha ammesso che le parti sono “sull’orlo” di una soluzione diplomatica, pur ribadendo le cinque richieste territoriali non negoziabili del Cremlino. Intanto, sul campo, la Russia rivendica il controllo totale di Kupiansk, snodo strategico nel nord-est.
Mentre si cerca la pace, l’Unione Europea deve fare i conti con le proprie divisioni interne. L’Ungheria ha bloccato la bozza di conclusioni del Consiglio Europeo che sostiene con forza l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue. La ministra danese Marie Bjerre ha esortato Budapest a riconsiderare la posizione, ricordando che 26 Paesi su 27 sono compatti nel voler offrire a Kiev un percorso chiaro verso l’integrazione europea.
In questo clima di scontro, non mancano i segnali di sintonia tra Mosca e alcune voci del governo italiano. La portavoce russa Maria Zakharova ha approvato pubblicamente le parole di Matteo Salvini, che aveva richiamato i fallimenti storici di Napoleone e Hitler per invitare alla prudenza sul riarmo antirusso. “Il paragone è preciso, la conclusione è indiscutibile”, ha chiosato la diplomatica russa sui social.