DOUGLAS - Con circa 85mila abitanti, l’Isola di Man è una piccola dipendenza della Corona britannica situata nel mar d’Irlanda. Formalmente autonoma, non appartiene né al Regno Unito né all’Unione Europea, ma ha relazioni peculiari con entrambi. È in questo contesto giuridico e istituzionale atipico che si è inserita la battaglia condotta da Sara Raimondo, avvocato d’affari italiana, per ottenere il riconoscimento di un consolato italiano sull’isola. Un’iniziativa nata dalla domanda concreta della comunità italiana residente, che oggi si sta strutturando come un vero e proprio movimento per i diritti degli europei presenti sul territorio.

Sara Raimondo ha vissuto a lungo a Londra, dove ha lavorato per grandi studi internazionali, occupandosi di fusioni e operazioni finanziarie multilaterali. Nel pieno della pandemia, quando molti professionisti europei sono stati costretti a sospendere le attività, ha ricevuto un’offerta di lavoro da un gruppo finanziario con sede proprio sull’Isola di Man.

“All’epoca non sapevo nemmeno dove fosse”, racconta Raimondo. “Mi hanno trovato attraverso una reclutatrice che cercava figure altamente qualificate in ambito compliance. Poi ho scoperto che l’isola era Covid-free, con i confini chiusi in entrata e in uscita. Era una realtà completamente diversa rispetto a Londra”. L’offerta era vantaggiosa e includeva il trasferimento, la sistemazione iniziale e il supporto burocratico. Così, nonostante le iniziali perplessità, Raimondo ha accettato e si è stabilita sull’isola.

L’impatto con la nuova realtà è stato, a suo dire, intenso e stimolante: “Dal punto di vista professionale, ho iniziato a lavorare su giurisdizioni offshore con cui a Londra non avevo mai avuto contatto diretto. È stata una crescita importante”. Ma è anche l’aspetto umano ad aver lasciato un segno: “I primi italiani che ho incontrato lavoravano nella ristorazione. Poi si è sparsa la voce che sull’isola c’era un avvocato italiano, e molti hanno iniziato a cercarmi. Alcuni per questioni legali, altri solo per conoscermi, ma soprattutto per chiedermi di fondare un’associazione”.

Una richiesta che ha fatto emergere un bisogno profondo: quello di un punto di riferimento stabile per una comunità frammentata, priva di rappresentanza istituzionale, spesso isolata anche linguisticamente.

L’idea dell’associazione ha trovato una prima sponda nel Movimento Italiano in Europa (MIE) con sede a Londra. “Il mio business partner a Londra è presidente del MIE e mi ha suggerito di fondare un circolo anche qui, sotto il loro ombrello. È così che è nato il nostro gruppo, che ora ha un numero consistente di iscritti e rappresenta il principale punto di contatto per gli italiani sull’isola”. Ma l’impegno di Raimondo è andato oltre. Da mesi porta avanti un dialogo costante con il Consolato italiano di Manchester – di cui l’Isola di Man dipende – e con l’Ambasciata a Londra per ottenere il riconoscimento di una agenzia consolare o di un consolato onorario direttamente sull’isola. “Una struttura stabile semplificherebbe enormemente l’accesso ai servizi consolari per tutti gli italiani qui. Non dover più affrontare viaggi e costi aggiuntivi per ottenere documenti o assistenza è una questione di dignità e di equità”.

Grazie all’impegno di Sara Raimondo, in questi anni sono stati organizzati molteplici eventi e appuntamenti culturali che hanno permesso alla comunità italiana di essere adeguatamente valorizzata. In questa foto, ad esempio, l’avvocato è in compagnia del Console italiano a Manchester, Gabriele Magagnin.

Secondo Raimondo, i circa 300 italiani attualmente residenti sull’isola (numero non ufficiale ma stimato sulla base degli iscritti all’associazione e dei contatti informali) sono divisi tra una vecchia generazione, arrivata con l’emigrazione del secondo dopoguerra, e una nuova ondata di professionisti qualificati. “C’è un pittore italiano le cui opere sono state usate per realizzare francobolli ufficiali dell’isola. La vecchia generazione ha contribuito molto nel settore dell’hospitality, ma i loro figli spesso non parlano più italiano. Ora ci siamo noi, avvocati, medici, esperti di compliance, che siamo qui per scelta professionale e con un’altra visione. Il bisogno di rappresentanza si sente forte”.

La questione non è solo organizzativa o logistica, ma profondamente politica. Gli europei sull’Isola di Man non godono delle stesse tutele previste nel Regno Unito. “L’Isola di Man non ha mai fatto parte dell’Unione Europea e non è soggetta agli accordi post-Brexit. La nostra posizione legale è ambigua. Qui, per esempio, non abbiamo la tessera sanitaria europea, non abbiamo il diritto alle ricongiunzioni dei contributi, non abbiamo nessun accordo per il divieto di doppia imposizione fiscale”, denuncia Raimondo.

Da qui è nata l’idea di avviare anche un dialogo diretto con il governo locale e con le autorità europee. “Stiamo esplorando la possibilità di un accordo bilaterale che coinvolga l’Unione Europea e le isole del Canale. È un processo complesso, ma necessario”.

Nel frattempo, la petizione per ottenere un consolato italiano è stata formalmente presentata alla Farnesina ed è consultabile online. Raimondo continua a rappresentare non solo la voce degli italiani, ma sempre più spesso anche quella di altre comunità europee sull’isola. “Collaboro con il consolato spagnolo, sono abilitata anche lì, e presto potrei iniziare una collaborazione anche con quello rumeno. Stiamo cercando di creare una rete tra europei in questa terra di mezzo, dove i diritti sono ancora da definire”.

Sara Raimondo e lo Chief Minister dell’Isola di Man, Alfred Cannan.

La sua battaglia è diventata collettiva, e oggi chiama in causa non solo le istituzioni italiane, ma anche quelle europee. Perché, come afferma l’avvocato, “non si può ignorare una comunità solo perché geograficamente distante o numericamente piccola. Gli italiani dell’Isola di Man esistono, contribuiscono, si integrano. E hanno diritto a essere rappresentati”.

La petizione per l’istituzione di un consolato onorario italiano sull’Isola di Man è disponibile al seguente link.