Panettone e Pandoro sono quelli più popolari, conosciuti e disponibili in tutto il mondo. Ma i dolci del Natale, da nord a sud Italia, sono davvero molti, e hanno origini antichissime. Un viaggio per riscoprire tradizioni che non passeranno mai di moda perché ogni anno fanno la loro comparsa sulla tavola di pranzi e cene delle feste. 

I più famosi d’Italia

Il tour dei dolci di Natale inizia da Milano, e dal suo simbolo: il panettone. Re indiscusso dei lievitati del periodo, le sue origini sono ignote e sfumano nella leggenda. Messer Ulivo degli Atellani, falconiere, abitava nella Contrada delle Grazie a Milano. Innamorato di Algisa, bellissima figlia di un fornaio, si fece assumere dal padre di lei come garzone e, per incrementare le vendite, provò a inventare un dolce: con la migliore farina del mulino impastò uova, burro, miele e uva sultanina. Poi infornò. Fu un successo strabiliante, tutti vollero assaggiare il nuovo pane e qualche tempo dopo i due giovani innamorati si sposarono e vissero felici e contenti. Il cuoco al servizio di Ludovico il Moro fu incaricato di preparare un sontuoso pranzo di Natale a cui erano stati invitati molti nobili del circondario, ma il dolce, dimenticato per errore nel forno, quasi si carbonizzò. Vista la disperazione del cuoco, Toni, un piccolo sguattero, propose una soluzione: “Con quanto è rimasto in dispensa, un po’ di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta, ho cucinato questo dolce. Se non avete altro, potete portarlo in tavola”. Il cuoco acconsentì e si mise dietro una tenda a spiare la reazione degli ospiti. Tutti furono entusiasti e al duca, che voleva conoscere il nome di quella prelibatezza, il cuoco rivelò il segreto: è il “pane di Togn”. Cilindrico, alto almeno 30 cm, con canditi e uvetta nella sua versione più classica, oggi viene proposto da pasticceri, lievitisti e chef, in numerose varianti golose e abbinamenti insoliti. 
Ci spostiamo a Verona, patria del pandoro. Le origini della ricetta sono controverse. Alcuni le fanno ricercare ai tempi dell’antica Roma; se ne farebbe menzione in uno scritto minore che risale al primo secolo d.C., ai tempi di Plinio il Vecchio, che cita un cuoco di nome Vergilius Stephanus Senex, che preparò un “panis” con fiori di farina, burro e olio.La ricetta pare derivi anche dal “pan de oro” che veniva servito intorno al XIII secolo sulle tavole dei nobili veneziani. Altri ancora sostengono che provenga da alimenti dolci ricchi di burro quali il nadalin, dolce veronese che ha ottenuto il riconoscimento della De.Co solamente nel 2012 e il pane di Vienna. Nonostante questi antecedenti, il pandoro venne ufficialmente ideato il 14 ottobre 1884, giorno in cui Domenico Melegatti, fondatore dell’omonima industria dolciaria veronese, depositò all’ufficio brevetti un dolce morbido e dal caratteristico corpo a forma di stella a otto punte, opera dell’artista Angelo Dall’Oca Bianca, pittore impressionista. La sua ricetta era frutto di una rielaborazione del levà, un dolce con granella di zucchero e mandorle originario di Verona, al quale Melegatti rimosse la copertura e aggiunse burro e uova nell’impasto. Secondo la tradizione, il dolce prenderebbe il nome da un grido di stupore di un garzone della pasticceria di Melegatti che, vedendolo, paragonò il colore dell’impasto all’oro. Con il tempo le case produttrici hanno cercato di differenziare la propria offerta inventando o riutilizzando particolari ricette, ed è oggi possibile quindi gustare il pandoro in diverse versioni, per esempio farcito con crema pasticcera o chantilly o ricoperto da uno strato di cioccolato.

Tra pane di marinai, Zelten e nuvole burrose

Cime innevate e piccoli borghi addobbati a festa sui monti valdostani. Qui, il dolce del Natale ha origini medievali, e prende il nome di Lou Mécoulen, declinato poi nelle sottovarianti: pandolce di Cogne (Mecoulin) e Micooula di Champorcher. Si tratta di pagnotte dolci con farina di frumento e segale, arricchite a Cogne con uvette aromatizzate al rum, mentre nell’impasto della Miccoula si aggiungono farina di castagne, uvette, fichi secchi e scaglie di cioccolato. 
Stessa concezione del dolce valdostano, ma in Riviera ligure dove si impasta da secoli il pandolce genovese, anche detto pane dei marinai, un dolce rustico e sostanzioso che, come suggerisce il nome, doveva servire come fonte energetica per gli uomini in mare. 
Trasferiamoci in Piemonte, dove non mancano le bignole e la torta gianduia, ma per i torinesi doc, in tavola ci deve essere una e una sola delizia: la nuvola di Ghigo. Altrimenti che Natale è? Una sorta di pandoro candido, completamente glassato di crema al burro, prodotto dall’antica Pasticceria Ghigo dal 1870. In Trentino Alto Adige non può mancare lo Zelten, di cui ogni nonna di ogni minuscola frazione dei borghi custodiva gelosamente la propria ricetta. La tradizione vuole che questo dolce con noci e mandorle e frutta candita, venga preparato assieme a tutta la famiglia.

Da Bologna a Siena

Soprattutto nelle regioni del centro Italia, Emilia, Toscana, Umbria e Lazio, a Natale fa il suo ingresso a tavola il classico pane speziato e arricchito con frutta secca e miele. A seconda delle zone possono variare uno o più ingredienti e il nome, ma non la concezione del dolce. Il panpepato, è senza dubbio il più diffuso: dolce a base di frutta secca, miele e cioccolato, preparato tradizionalmente durante il periodo delle festività natalizie. Ha centinaia di ricette diverse che si tramandano di generazione in generazione. In tutte le varianti si trovano, però, gli ingredienti base, che sono: uvetta essiccata,  mandorle, noci, nocciole, cannella, pepe e noce moscata.
All’ombra della Garisenda e della Torre degli Asinelli, i bolognesi impastano il certosino, o panspeziale. Nel capoluogo emiliano è il tipico dolce natalizio: ricetta molto antica che risale al medioevo, realizzata con farina, mandorle, pinoli, miele, canditi, marmellata di melecotogne o mostarda, cacao e cioccolato. Il tutto decorato con frutta candita, noci, mandorle e spennellato con miele caldo. E’ un dolce che si prepara tradizionalmente a casa, e che richiede una certa “stagionatura”: da quando si prepara a quando si mangia devono trascorrere almeno 15 giorni.
A Siena, è invece il panforte il protagonista dolce del Natale. Un pane dalle radici antiche: pare venisse preparato dagli Speziali di Siena già intorno all’anno 1000, da destinare al clero e ai nobili del tempo (gli ingredienti erano costosissimi!). Oggi il dolce ripieno di mandorle, frutta candita, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, zenzero, miele, e cotta in forno, viene preparato tutto l’anno.

Dolci antichi e di tradizione

Immaginate di avere davanti un piatto di spaghetti croccanti (di pasta lunga si tratta, in effetti), conditi con cioccolato, frutta secca, scorze d’arancia e cannella. Ecco serviti i maccheroni dolci, dalle origini contadine, preparati ancora oggi in Umbria e Abruzzo. 
Ci spostiamo nella provincia di Teramo, dove troviamo i tipici caggionetti, una specie di ravioli a mezzaluna ripieni di ceci o castagne lessati, mandorle e cacao, e fritti in olio bollente. Si spolverano con zucchero a velo e si servono ancora tiepidi. Golosissimi. Chi non ha mai provato il parrozzo abruzzese, poi, dovrà porre rimedio: una torta profumata a forma di cupola a base di frangipane e ricoperta da una glassa di cioccolato fondente. 

Tra struffoli, mostaccioli e dolci cilentani

Gli struffoli meriterebbero un capitolo a parte, perché sono il dolce simbolo del Natale in diverse regioni del sud. I più noti sono certamente quelli di tradizione partenopea: morbide palline di pasta dolce che vengono fritte, imbevute nel miele e guarnite con confettini colorati, ma esistono anche le versioni salentine, i “sannacchiudere” a Taranto e i “purcedduzzi” a Lecce. Nel Lazio prendono il nome di “cicerchiata”, mentre in Calabria e Basilicata, “cicerata”. Si preparano anche in Sicilia, in veste di “pignolata” e sono più tipici a Carnevale.
Restiamo in Campania, dove non possono mancare i mostaccioli, conosciuti anche come mustaccioli, biscotti morbidi e speziati a forma di rombo, ricoperti da cioccolato fondente; i roccocò, biscotti a forma di ciambella, a base di mandorle, arancia, canditi e “pisto”, una miscela di spezie; e i raffiuoli, biscotti soffici e profumati di limone, ricoperti da una glassa bianca. Sulle tavole delle famiglie in Cilento, invece, arrivano le pastuccelle, ossia le pastorelle cilentane: sono dei fagottini di pasta friabile e croccante, ripieni di castagne, cioccolato fondente, liquore e scorza di mandarino grattugiata. Fritte, cosparse di miele e zucchero a velo, vengono servite ancora tiepide. A Cava de’ Tirreni si preparano invece le zeppole cotte: tradizionali zeppole fritte, poi ricoperte di miele e confettini colorati.

Benvenuti al Sud

Dal Gargano alla Valle d’Itria, non esiste Natale senza carteddate, o cartellate, dolce tipico della tradizione pugliese, soprattutto delle province di Foggia e Bari. Si tratta di fragranti rose di pasta intrecciata, fritte in olio di semi, immerse nel miele o nel vino cotto o melassa di fichi, e poi ricoperte con confettini colorati. In Salento, soprattutto nella provincia di Lecce, si trovano, invece, i sassanelli, biscotti speziati a forma di rombo, a base di mandorle, cacao, mosto cotto e spezie.
Chiudiamo questo viaggio a golose tappe in Sicilia, terra che profuma di agrumi canditi e mandorle. E’ proprio qui, ma anche in Calabria, che si prepara la cubbaita, dolce tipico della tradizione di origine araba, a base di mandorle tostate, semi di sesamo e miele, aromatizzato con scorza di arancia. Uno dei dolci siciliani più apprezzati nel periodo natalizio è il buccellato siciliano. Tipico di Castellammare del Golfo è diffuso in tutta l’isola: si tratta di una pasta frolla farcita con fichi secchi, uva passa, mandorle, scorze d’arancia. Segni particolari? Profumatissimo e goloso. Infine arriva lei, la regina delle tavole natalizie: la cassata. Se ne sente parlare a metà del ‘500, quando veniva preparata dalle monache di Mazara del Vallo in occasione della Pasqua. Ma sarà solo nel 1873 all’Esposizione di Vienna che il pasticcere Salvatore Gulì le diede la consacrazione ufficiale. Poi, il dolce tradizionale a base di ricotta di pecora zuccherata, pan di Spagna, pasta reale e frutta candita, a volte arricchita anche con cioccolato, pistacchi e mandorle, diventa il simbolo della pasticceria siciliana per tutto l’anno.