Un lungo cammino alla scoperta di sé, un percorso che si è originato molto presto. Stagione dopo stagione, anni di lavoro frenetico, poi l’amore e la famiglia, e finalmente quell’educazione formale che aveva sempre immaginato. Rosetta Pavone, artista di talento e iconografa specializzata in arte sacra, non ha mai lasciato andare quel senso di appagamento che certamente ha dovuto conquistare. Il coraggio creativo e la ricerca di un’identità femminile, oltre all’interesse profondo verso le sue origini, hanno senza alcun dubbio delineato il suo viaggio personale.
Nata nel piccolo paese agricolo di Valguarnera, in Sicilia, nel 1954, Pavone ha raggiunto Melbourne insieme alla sua famiglia all’età di tre anni. Ha scoperto il Belpaese attraverso i racconti dei suoi genitori, prima, e dei suoi nonni, dopo. Ammette, però, come la sua storia “sia simile a quella di tanti altri migranti”, anche se l’impatto di un cambiamento così radicale è ogni volta differente.
Ricorda le difficoltà degli anni della sua infanzia e della prima adolescenza, e quella criticità quasi insormontabile a sentirsi parte della nuova terra. A casa “si parlava un dialetto ruvido, avevo tre fratelli maggiori e due genitori molto protettivi”.
“Non tutte le storie di migrazione sono felici – racconta –. Mio padre ha sempre ripetuto di voler tornare in Italia e, quindi, a casa c’erano sempre molte frizioni. Oggi viviamo i benefici del loro duro lavoro, ma da ragazza avevo un rapporto di amore-odio con le mie origini”.
All’età di diciassette anni, Pavone ha convinto suo padre a mandarla in Sicilia a conoscere i suoi nonni. Ha cominciato a lavorare da parrucchiera nel suo garage, senza sosta, per risparmiare il più possibile e, persuasa la famiglia, è partita alla volta di quel piccolo paese in provincia di Enna.
“Uno shock culturale: i miei nonni avevano accesso all’elettricità, ma sceglievano volontariamente di non usarla, e al paese non c’era mai acqua – continua –. Ma il fine unico di quel viaggio era convincere i miei nonni a trasferirsi a Melbourne. Gli dicevo, ‘Mio padre è il vostro unico figlio e non sarà mai contento se siete qui in Sicilia da soli’. Perché, in effetti, era quella la preoccupazione che costringeva mio padre a discutere spesso con mia madre che, invece, amava la sua nuova vita in Australia”.
Pavone è straordinariamente riuscita nel suo delicato obiettivo, e l’emozione di poter avere la sua famiglia finalmente unita è stata accompagnata anche da una sorpresa “dai risvolti romantici”.
“Durante quella permanenza in Sicilia, ho conosciuto Tanino, il mio futuro marito – racconta, sorridendo –. Quando sono tornata a Melbourne, abbiamo continuato a inviarci lettere, in italiano e in inglese, e alla fine è venuto a cercarmi in Australia. Oggi siamo sposati da ben 48 anni; il nostro è un matrimonio davvero felice”.
Quella giovane donna che si è sempre sentita una outsider, estranea al suo universo culturale, è però cresciuta abbracciando il forte esempio di resilienza e tenacia dei suoi genitori. Dopo aver lasciato la scuola da ragazza per lavorare con suo zio, all’età di venticinque anni ha inaugurato il suo salone di bellezza.
“La mia famiglia mi ha insegnato il valore dei sacrifici – aggiunge –. Ho quindi atteso che i miei figli si laureassero per dare inizio al mio viaggio nell’arte”.
Nel 2000, Rosetta Pavone si è iscritta all’RMIT, e poi è stata ammessa al Victorian College of the Arts; un diploma in Arti Visive e, poi, una laurea in Belle Arti, con una specializzazione in incisione e iconografia. Poteva finalmente esprimersi su una tela, ricercare le sue origini siciliane, onorare le sue tradizioni: quel percorso tanto agognato le ha permesso di riscoprire la sua identità.
La ricerca artistica è cominciata con le donne della cultura italiana, “mai realmente comprese e apprezzate, sempre recluse a un ambiente domestico”. L’intuizione ha dato vita alla fortunata mostra ‘Stitch by Stitch’: quadri contemporanei di mobili barocchi, piccole immagini sacre, copie dei lavori dei grandi artisti del Trecento e del Rinascimento, installazioni e merletti.
“Poi, il mio primo viaggio a Firenze, dopo la laurea; una sorta di illuminazione. Ho scoperto me stessa, avevo finalmente uno scopo – racconta –. Un percorso di studi all’Accademia d’Arte a Firenze ha chiarito ancora di più le mie idee”.
Oggi, Rosetta Pavone impegna certamente il suo tempo nella creazione di opere che continuano ad arricchire le gallerie del Victoria – l’ultima alla Firestation Print Studio di Armadale –, ma da ormai quattordici anni, insieme a suo marito Tanino, facilita lo studio dell’arte e della lingua italiana, direttamente nel capoluogo fiorentino, con alcuni tour organizzati.
“I partecipanti possono frequentare l’Istituto Michelangelo per imparare l’italiano e l’Accademia d’Arte per dipingere. Organizziamo anche piccoli gruppi di viaggio in Sicilia, per scoprire e vivere i tesori unici della nostra meravigliosa terra natìa – spiega –. Ci divertiamo tantissimo, tra pranzi e cene tradizionali, e apertivi all’aperto, escursioni tra Lucca, San Gimignano, Cinque Terre e Greve in Chianti, e passeggiate mattutine lungo l’Arno mentre i fiorentini dormono ancora”.
L’immersione nella città rinascimentale per eccellenza è già prevista per quest’anno, nei mesi di settembre e ottobre, riportando quel senso di avventura che negli ultimi due anni era stato tristemente abbandonato. Rosetta Pavone è già entusiasta, l’idea di ritornare in punta di piedi alla sua terra d’origine la emoziona ogni volta.
“Non cambierei nulla – afferma l’artista –. Nonostante le incertezze e le perdite, i sacrifici e il lavoro duro, continuo a insegnare ai miei figli la meraviglia delle tradizioni italiane, a tramandare le usanze dei miei nonni: dal cibo all’arte, fino a quelle raffinate e uniche creazioni all’uncinetto”.