MONTEVIDEO - A Casupà, nell’entroterra uruguaiano del Dipartimento di Florida, si può trovare un piccolo angolo d’Italia, con un’attività di produzione agricola decisamente innovativa per la regione. Si tratta del Rincòn Pandora, il terreno dove Maria Vittoria Saccarello e Domenico Bruzzone, coppia di origine genovese, hanno dato inizio, nel 2014, a Pique Roto: un'attività olivicola di prodotti della tradizione italiana, tra cui olio, paté e olive in salamoia.
Maria Vittoria Saccarello ha lavorato come restauratrice per 40 anni, mentre Domenico Bruzzone si è dedicato tutta la vita a programmi agricoli e ambientali nel quadro della cooperazione tecnica e degli aiuti umanitari in paesi in via di sviluppo, con la FAO.
Pique Roto “è un progetto con una grossa componente conoscitiva e culturale, evidente sia nelle tecniche produttive sia nei prodotti stessi”, racconta Bruzzone, spiegando che si tratta di “un investimento che consente un tipo di produzione che possa intercettare più motivi di interesse, dal cibo di qualità all’agricoltura di precisione, in un contesto piacevole, dove è possibile una buona qualità di vita, come è l’entroterra uruguaiano”.
“Vogliamo proporre prodotti e stili di produzione e consumo che fanno parte della nostra tradizione storica. Anche prodotti di nicchia, regionali, in particolare liguri”, prosegue, sottolineando come si sia trattato di “un investimento ad altissimo rischio iniziale, come un po’ tutte le attività agricole. Questa in particolare perché l'olivicoltura ha un ritorno economico molto dilatato nel tempo (la pianta generalmente inizia a produrre i frutti dopo 3 o 4 anni), oltre che in un contesto totalmente nuovo”.
Una scelta azzardata quindi, “anche un po’ il risultato di molti anni passati all’estero in paesi e contesti difficili, che in qualche modo ci hanno strutturato, irrobustito e anche orientato verso questo tipo di lavoro, in cui si gestisce il rischio e si affrontano situazioni con spirito di creatività e accettazione delle sfide”, prosegue Bruzzone, riferendosi alla storia di vita della coppia, che per molto tempo li ha portati a vivere in paesi in via di sviluppo come la Bolivia ed il Pakistan.
“Le sfide qui sono sempre maggiori”, spiega Maria Vittoria Saccarello, che si è occupata in prima persona della piantagione nell’ultimo decennio, raccontando di aver utilizzato “tutti gli studi di chimica del restauro applicati all'olivicoltura, oltre alla passione che in quanto genovesi abbiamo sempre avuto per olio e olive. Abbiamo cominciato con la piantagione per l’olio, poi nel 2020 abbiamo aggiunto il laboratorio per l’elaborazione di olive da tavola, paté e creme gastronomiche”, prosegue.
“Fin dall’inizio abbiamo voluto fare un lavoro alternativo e di nicchia. Per questo abbiamo importato le piante dall’Italia, varietà che qui non si trovano, tra cui alcune specifiche per fare olive da tavola”, riprende Saccarello che evidenzia che “se uno guarda il censimento olivicola dell’Uruguay, c’è un settore che si chiama “Olive da tavola”, e noi siamo gli unici ad avere le certificazioni e l’abilitazione per produrle ufficialmente”.
Bruzzone fa notare che “il laboratorio ha la specificità di essere l’unico in cui si prepara salamoia naturale per la cura e la conservazione delle olive nella loro migliore condizione, sicuramente in Uruguay ma forse anche in altri paesi della regione. è stato un grosso merito di Maria Vittoria, intercettare questa opportunità che viene apprezzata da chi capisce di cosa si parla, perché si tratta di un prodotto proprio ‘di un altro campionato’
Il valore dell’iniziativa è stato riconosciuto anche dalle istituzioni locali, come racconta Saccarello: “Il progetto è stato premiato dal Ministero di Industria ed Energia con un cofinanziamento per l’acquisto della tecnologia, italiana ed importata, grazie alle sue caratteristiche di qualità, economia circolare - riuso di tutti i sottoprodotti - e anche di inclusione di genere, perché siamo l’unico frantoio di tutto l’Uruguay gestito solo da donne”.
Questo aspetto, in una realtà fortemente legata ai ruoli tradizionali come quella dell’entroterra uruguaiano, è particolarmente innovativo. “Si tratta di donne formate, e che si stanno ancora formando, per le quali lavorare con Pique Roto è l’occasione di avere un lavoro specializzato, con possibilità di crescita, anche all’interno del laboratorio. Anche il lavoro di frantoio, spesso a torto considerato un lavoro maschile, è un’attività di assoluta precisione, costanza, determinazione e attenzione ai dettagli, e per queste cose spesso le donne sono più adatte degli uomini”, spiega Saccarello.
Sull’impatto ambientale dell’iniziativa, Bruzzone evidenzia che "l'olivicoltura è un tipo di agricoltura molto ‘morbido’, perché c’è un uso molto ridotto di prodotti chimici e le pratiche sul terreno sono rispettose dell’ambiente, della fauna. Gli oliveti sono piccoli hotspot di biodiversità rispetto alle varie pratiche di monocoltura intensiva molto comuni nella regione”, spiega.
“L’olivo di per sé è una coltivazione definita ‘climate smart’, perché è un contenitore di carbonio naturale per moltissimo tempo, considerando che gli olivi tendono ad essere millenari. Tutto l’ecosistema che si genera è un esercizio di lotta al cambio climatico”, prosegue Bruzzone.
Su questo punto, Saccarello sottolinea: “Prima c’era solo bestiame, e uccelli ce n’erano pochissimi, ora i nostri alberi sono condomini. Abbiamo 40 specie diverse che sono state monitorate, senza considerare i migratori”.
Oltre all’aspetto tecnico innovativo, alla scelta di varietà italiane di qualità come l’oliva taggiasca ligure, e ai circoli virtuosi che si sono attivati attorno a Rincòn Pandora in termini di conservazione ambientale e superamento di ruoli di genere, un’altra questione fondamentale in tutta la vicenda è quella legata all’eredità culturale e tradizionale della coppia.
“Abbiamo iniziato ad attivare una serie di reti di scambi con i produttori liguri, per continuare ad imparare e soprattutto creare legami tra i territori. La cooperazione nel senso più autentico è uno scambio virtuoso tra territori, non è solo il tecnicismo dell’investimento, ma qualcosa di più profondo e più ricco”, evidenzia Bruzzone a questo proposito.
Saccarello racconta che “è dal 2013 che ogni anno vado nel ponente ligure a confrontarmi con i produttori di olio, taggiasche, pesto e tutto il resto. è da lì che vengono anche le macchine che utilizziamo nel nostro laboratorio”.
“Loro sono curiosissimi rispetto agli oli prodotti qui. Ogni anno porto a fare le analisi chimiche e sensoriali in un laboratorio di Firenze, e poi li porto ai produttori liguri perché li provino, e mi dicano loro su quali parametri agirebbero per migliorarne la qualità. Il legame con il territorio di origine noi ce l’abbiamo molto forte”, prosegue Saccarello, facendo notare che “fino a qualche anno fa è sempre stato in una sola direzione, nel senso che noi andavamo lì, assimilavamo informazioni e le riportavamo in Uruguay. Ora c’è molta curiosità sul ‘funzionamento’ di piante che sono geneticamente come le loro ma su un terreno diverso, con un altro clima”.
Bruzzone sottolinea che “questo restituisce il senso di aver avuto la voglia, l’energia e anche il coraggio di venire qui a fondare qualcosa, mantenendo sempre l’intenzione implicita di rimanere legati a un territorio di origine, dei saperi e una rete di contatti che poi è, ripeto, il senso vero della cooperazione tra paesi: mettere in collegamento territori per far nascere innovazione e nuovi orientamenti, nuove visioni virtuose”.
“Insomma, Rincòn Pandora e Pique Roto non sono solo olio e paté”, conclude Saccarello.